BOLOGNA – Quattro ergastoli per i genitori di Saman Abbas, papà Shabbar e mamma Nazia Shaheen, e per i cugini Nomanulhaq Nomanulhaq e Ikram Ijaz; 22 anni di reclusione per lo zio Danish Hasnain. Così ha deciso la Corte d’Assise d’Appello di Bologna, riconoscendo le aggravanti della premeditazione e dei motivi abbietti, che per lo zio si compensano con le attenuanti generiche. La procura generale aveva chiesto l’ergastolo per tutti e cinque gli imputati.
E’ terminato in serata, dopo meno di due mesi di udienze e a quasi quattro anni dal delitto, il processo di secondo grado per l’omicidio della 18enne pakistana di Novellara Saman Abbas, durante il quale è stata rinnovata parte dell’istruttoria, risentendo, ad esempio, il racconto del fratello minore della vittima che ha accusato i parenti. La ragazza, che si era ribellata alle costrizioni famigliari e voleva determinare da sè la propria vita, è stata uccisa la sera del 30 aprile 2021; soffocata, il suo corpo è stato ritrovato un anno e mezzo dopo a 800 metri di distanza dalla sua casa di Novellara, sepolta in un casolare diroccato. Fin da subito i cinque famigliari (il padre e la madre Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, lo zio paterno Danish Hasnain e i due cugini Nomanulhaq Nomanulhaq e Ikram Ijaz) sono stati indagati prima per il suo sequestro e poi per la sua uccisione. In primo grado a dicembre 2023 i genitori erano stati condannati all’ergastolo, ritenuti i mandanti del delitto; lo zio a 14 anni come esecutore materiale (in virtù del rito abbreviato); i cugini erano stati assolti. Erano cadute le aggravanti della premeditazione e dei futili motivi.
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La diretta della giornata
Ore 17.30 – Lo zio Danish Hasnain: “Appena arrivato in Italia avrei voluto dire dov’era il corpo, poi ho sentito le accuse, dicevano che avevo fatto da solo, il motivo per cui i cugini sono partiti dopo di me è che attendevano di ricevere il loro salario; li avevano loro i contatti con la Francia. Sono stato io a insistere per aspettare Haider a partire. La mia innocenza è provata dall’autopsia. So dov’è però e spero un giorno di poter andare a trovare Saman”.
Ore 17 – Ha preso la parola uno dei cugini di Saman, Nomanhulaq Nomanhulaq: “Il giorno in cui si vedono le immagini con le pale è servito per fare lavori nelle serre, per chiuderle. Il 30 aprile quando siamo rincasati io e Ikram dopo cena siamo andati in camera da letto e ci siamo addormentati, Danish non so cos’ha fatto; la mattina dopo, quando ci siamo svegliati, siamo andati a svegliare Danish e lui ci ha detto ‘non vengo perché non ho dormito tutta la notte’. Per due giorni c’è stata calma, poi il 5 maggio sono arrivati i carabinieri con Danish e Alì Haider, ho saputo che anche il 3 erano venuti i carabinieri ma non sapevo perché. Il 6 siamo andati a lavorare e quando siamo tornati la sera loro (i genitori di Saman, ndr) non c’erano in casa. Abbiamo avuto paura e ci siamo allontanati. Abbiamo cercato casa a Reggio Emilia ma niente, Ikram ha chiamato un amico di Milano che però gli ha detto che sarebbero serviti un po’ di giorni. Nel frattempo, Danish ci ha chiamato a Imperia e ci ha detto: ‘quando tornerà Shabbar vi dirà cos’è successo, adesso dobbiamo andare in Francia’. Poi, la polizia ha fermato Danish e Haider e la sera ci ha costretto a partire senza Haider, noi non volevamo. Dopodiché, abbiamo sentito che Danish era al telefono con qualcuno ed era arrabbiato, diceva: ‘Voi mi chiedete di Haider, ma io sono qui da solo e voi siete in Pakistan. Io ero preoccupato per quello che vedevo e ho fatto il tampone e ho preso il biglietto per la Spagna. Lì ho fatto richiesta del permesso con i miei documenti originali”.
Poi, è stato il turno dell’altro cugino, Ikram Ijaz: “Tutto quello che è successo mi dispiace moltissimo, sono innocente e personalmente avevo un ottimo rapporto con Alì. Mi dispiace ma ha detto delle bugie. Shabbar e Hasnain hanno mentito. Sono stato in carcere due anni e mezzo da innocente, ho anche subito percosse; ho sofferto, anche la mia famiglia ha sofferto. Riguardo Saman, ogni cosa che sapevo l’ho dichiarata. Non ho avuto nessun ruolo in questa vicenda, chiedo giustizia. L’unico errore è stato andare via, se fossimo rimasti non saremmo in questa situazione”.
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Ore 12 – L’avvocato di Shabbar Abbas ha poi concluso: “Non credo che il ricordo di Saman debba andare oltre la verità. I genitori non c’entrano, certamente non il padre”.
Ore 11 – “Shabbar ha fatto un errore che si porterà nel cuore tutta la vita: ha avuto la malaugurata idea di chiedere al fratello (al fratello di Saman, ndr) di intervenire per dare una lezione a Saqib (il fidanzato di Saman, ndr)”
Ore 10,15 – “E’ plausibile che Alì Haider abbia visto lo zio prendere per il collo la sorella e non si sia neanche mosso dalla porta? Questo è un processo indiziario, il testimone oculare non c’è – ha detto Sheila Foti, avvocato di Shabbar Abbas, durante l’arringa difensiva – Quando l’ho incontrato in carcere, Abbas mi ha detto: una madre e un padre con la m e l p maiuscola non ammazzano la figlia”.
La diretta di Buongiorno Reggio alle 9,30
Reggio Emilia Novellara Bologna omicidio sentenza ergastolo processo d'appello Saman Abbas