REGGIO EMILIA – Nuova tappa in tribunale nel processo sull’omicidio di Salvatore Silipo avvenuto nel capannone della ditta Dante Gomme a Cadelbosco Sopra il 23 ottobre del 2021. L’udienza di oggi ha ricostruito gli istanti del delitto e fatto luce sul movente.
Tre persone, dal volto travisato, che di notte all’1.40 fanno ingresso in officina. Ne escono tre minuti dopo, portando con sé due pneumatici, completi di cerchione. Sono immagini che risalgono al 9 settembre 2021, proiettate nell’aula della Corte d’Assise al processo che vede imputato per omicidio Dante Sestito, titolare dell’omonima attività situata a Cadelbosco Sopra. La registrazione è dell’impianto di videosorveglianza della ditta, lo stesso che è poi risultato essere stato staccato nella giornata del delitto.
Il furto immortalato, ma mai denunciato, è quello attribuito da Dante e dal figlio Antonio Sestito a Salvatore Silipo, freddato con una pistola nel luogo in cui fino a qualche giorno prima aveva lavorato come dipendente. Nell’arco dei 44 giorni che intercorrono tra il furto e quella che pare l’esecuzione del 28enne, tanti sono i solleciti ricevuti dal fratello della vittima, Francesco Silipo. Lo spiega lui stesso alla pm Piera Cristina Giannusa. “Il santo deve tornare indietro” è una delle frasi che si sente rivolgere da Antonio Sestito, che figura tra gli imputati del processo ‘Billions’ riguardante un maxi giro di false fatturazioni. E che ogni volta si sente ribadire l’estraneità di Salvatore al furto.
Francesco Silipo ha partecipato in videocollegamento, dal carcere di Vicenza dove dallo scorso maggio si trova detenuto, coinvolto in un’operazione su un traffico internazionale di droga. Ha detto di non sapere cosa contenessero le gomme rubate. E ricostruendo gli ultimi istanti in vita del fratello, ha collocato sulla scena tre uomini incappucciati, vestiti con una tuta rossa, che sarebbero spuntati dopo lo sparo. Un dettaglio confermato, sempre nell’udienza, dal cugino, Pierfrancesco Mendicino, presente anch’egli, nell’officina, in quel pomeriggio di sangue.
Tra i teste ascoltati anche la vedova della vittima, Giuseppina Pia Cortese. Interrotta più volte dal pianto ha raccontato, tra le altre cose, di come il figlio più grandicello dei due chieda spesso di suo padre e di sapere bene cosa voglia dire crescere senza, facendo così riferimento al fatto di essere figlia di Angelo Salvatore Cortese, collaboratore di giustizia che ha rappresentato una spina nel fianco della cosca Grande Aracri.
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