REGGIO EMILIA – In tribunale la seconda udienza del processo sull’omicidio della 34enne Juana Cecilia Hazana Loayza. In aula presente anche oggi Mirko Genco, accusato di omicidio volontario pluriaggravato.
Lo stesso Genco che girovaga nel parco delle Paulonie. L’acqua della fontanella del giardino viene utilizzata dal ragazzo per lavarsi le mani. Sono le 4.15 del 20 novembre di un anno fa. Dal suo telefono partono chiamate alla nonna. Soltanto qualche minuto prima si è consumato il delitto di Juana Cecilia, uccisa a coltellate poco distante, nell’area di verde pubblico della Polveriera, in via Patti.
Le immagini catturate dagli impianti di videosorveglianza e i tabulati telefonici sono tra il materiale su cui si è concentrata la seconda udienza del processo a carico del 26enne reo confesso, residente a Parma, presente davanti alla Corte d’Assise. I primi testimoni chiamati a rispondere alle domande dell’accusa, rappresentata dalla pm Maria Rita Pantani, sono i carabinieri che avevano avuto il compito di fermarlo. Tra i segni notati da subito, le tracce presumibilmente ematiche, presenti sotto le sue unghie.
Tanti, pronunciati a ripetizione, i rifiuti della ragazza rivolti al suo persecutore che la segue a piedi e con lei cammina, dal locale Hot Chili fin verso la zona di via Melato. I due vengono ripresi dalle telecamere dei portici di San Pietro. In alcuni frangenti, Cecilia fa per sottrarsi al suo persecutore. Gli occhi elettronici sono privi di microfoni, ma è possibile sovrapporvi il lungo audio che lo stesso Genco ha registrato col telefono. “Facciamo che non è successo niente, vado a casa mia da sola e tu vai a casa tua”, le parole della vittima in uno dei numerosi quanto vani tentativi di liberarsi da quel suo ex che pochi giorni prima, il 4 novembre, era tornato libero dopo aver patteggiato una pena inflittagli per le condotte da stalker nei confronti della 34enne.
Tra i testimoni ascoltati oggi alcuni conoscenti e amici di Cecilia, ma anche vicini di casa – compreso l’amministratore di condominio – che hanno raccontato come fosse una presenza quasi fissa quella di Genco, che non aveva freni a presentarsi sull’uscio dell’appartamento che la vittima condivideva con la madre e il figlio di nemmeno due anni.
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