REGGIO EMILIA – “Non vogliamo dire nulla, c’è troppo dolore, immagini come sto”. Questa volta Sabrina Guidetti ha deciso di essere presente in aula, dove ha vissuto momenti di profondo sconforto. Ha pianto, a pochi passi dal figlio che ha visto per la prima volta dopo quasi un anno. In questi mesi, solo uno scambio di lettere.
Lei, di fianco al suo avvocato Claudio Bassi, seduta dietro la pm Piera Cristina Giannusa. Lui, Marco Eletti, dall’altra parte, in mezzo ai suoi avvocati difensori. Dopo l’udienza c’è stato un breve incontro tra madre e figlio: nessun abbraccio perché le normative lo vietano, solo qualche parola rimasta riservata prima che Marco venisse riportato in carcere nel penitenziario di Modena. Ha preferito rimanere lì anziché essere ritrasferito a Reggio perché sta aiutando gli altri detenuti a scrivere richieste legali.
Sabrina Guidetti, che ha deciso di non costituirsi parte civile, non accusa in alcun modo il figlio. Il suo avvocato riferisce che non ha visto nulla, quel giorno, dell’uccisione del marito: era stata drogata, in modo così massiccio da rimanere in coma un mese. Nessun commento, da parte del legale di Sabrina Guidetti, sulla novità scaturita dalle indagini e piombata oggi nel processo: dal confronto dei Dna è emerso che Paolo Eletti non era il padre naturale di Marco. Riserbo comprensibile. La donna e il suo avvocato conoscevano da mesi i risultati dagli accertamenti scientifici, ma questo elemento è estraneo alla dinamica dei fatti avvenuti quel 24 aprile 2021 a San Martino in Rio.
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