CADELBOSCO SOPRA (Reggio Emilia) – “Aver convocato scientemente la vittima presso l’officina, per chiarire precedenti ruggini, e aver poi sparato un colpo alla nuca del Silipo, è emblematico di una precisa pianificazione dell’omicidio“. E ancora: “Chiedere alla vittima di inginocchiarsi, prima di sparare, esplica il concetto di crudeltà”. Sono questi i passaggi chiave delle motivazioni della sentenza con cui la corte d’assise d’appello di Bologna ha respinto il ricorso dell’avvocato Luigi Colacino contro la condanna a 26 anni a Dante Sestito che il 23 ottobre 2021 a Cadelbosco Sopra, nella sua officina “Dante gomme”, uccise l’ex dipendente 29enne Salvatore Silipo.
Nel dispositivo con cui la corte, presieduta da Domenico Pasquale Stigliano, ha confermato in toto la sentenza di primo grado della corte d’assise di Reggio, sono diversi gli elementi evidenziati per rigettare la richiesta della difesa di cancellare le aggravanti di premeditazione e crudeltà in quanto il colpo era partito accidentalmente. In primo luogo, la dinamica emersa dalle testimonianze di Francesco Mendicino e Francesco Silipo, fratello della vittima, che lo avevano accompagnato all’incontro: “Ove avesse avuto la sola intenzione di minacciare i presenti con l’arma, non avrebbe cercato di uccidere subito dopo anche il Mendicino”, chiarisce la sentenza che ha, invece, ritenuto “inattendibile” il figlio di Dante Sestito, Antonio, secondo cui il padre subito dopo lo sparo avrebbe detto “Mi è partito un colpo”. Frase non confermata dagli altri presenti e testimonianza rigettata si legge “per il ruolo collaborativo svolto in favore del padre in tutta la fase antecedente all’azione omicidiaria”.
Decisivo anche l’esito della perizia medico-legale che ha confermato come l’arma “fosse a contatto della cute” e trattandosi di una Smith & Wesson calibro 44 “richiede una pressione non esigua sul grilletto per far partire il colpo”. A riprova della premeditazione – si legge ancora nelle motivazioni – “le videocamere rese non operative e ben tre soggetti ingaggiati per intervenire in caso di difficoltà”. Confermata anche l’aggravante della crudeltà: in particolare spiega la corte per l’ordine di inginocchiarsi praticando così “un rituale che ha una valenza altamente simbolica negli ambienti criminali”. “In quegli attimi Salvatore Silipo ha compreso che la sua vita da giovane padre della piccola Bianca stava per terminare senza possibilità alcuna di sottrarsi al suo triste destino”.
Depositate le motivazioni, ora la difesa di Dante Sestito avrà 60 giorni per presentare ricorso in Cassazione, mentre l’avvocato Mattia Fontanesi che ha rappresentato come parte civile i fratelli della vittima, Francesco e Maria, e la madre Raffaella Dolce si dice molto soddisfatto per la conferma in toto della sentenza del Tribunale di Reggio.
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