REGGIO EMILIA – Chi decise di far uccidere Nicola Vasapollo, il 21 settembre 1992 a Pieve Modolena? E chi faceva parte del commando che un mese più tardi, il 22 ottobre, freddò Giuseppe Ruggiero nella sua abitazione di Brescello? La sentenza della Corte d’Assise del 2 ottobre scorso ha lasciato queste domande senza una risposta. I giudici hanno infatti assolto Nicolino Grande Aracri e Antonio Ciampà dall’accusa di essere stati i mandanti dell’omicidio di Vasapollo e Angelo Greco e Antonio Lerose da quella di aver partecipato all’uccisione di Ruggiero. Di quella pagina sanguinosa di una guerra di mafia combattuta fra Reggio e Cutro sappiamo dunque tre cose. Primo: Nicolino Sarcone è l’esecutore materiale dell’omicidio di Vasapollo. Secondo: i pentiti Antonio Valerio e Salvatore Cortese hanno confessato di aver partecipato all’assassinio di Ruggiero. Terzo: anche Nicolino Grande Aracri partecipò al delitto di Brescello, anche se non sparò. Questo almeno dice la sentenza di primo grado, che lo ha condannato all’ergastolo.
Contro la sentenza ha presentato appello Beatrice Ronchi, il sostituto procuratore della Dda di Bologna che aveva rappresentato l’accusa nel processo. Sei capitoli, i primi quattro dei quali dedicati a ciascuno degli imputati, con l’obiettivo di dimostrare che la sentenza è viziata dalla mancata o erronea valutazione di prove decisive e da “motivazione illogica e contraddittoria”. L’elemento decisivo alla base dell’assoluzione degli imputati, in ottobre, era stata una discrepanza nei racconti sulla composizione del commando che uccise Ruggiero a Brescello: secondo Valerio ne faceva parte anche Aldo Carvelli, secondo Cortese no.
Una contraddizione “macroscopica”, per i giudici di primo grado. Ricordi diversi che la Corte, secondo la Ronchi, avrebbe invece dovuto vagliare per stabilire qual è la ricostruzione più attendibile. In ogni caso l’impugnazione sottolinea il gran numero di punti di contatto tra le due versioni, che concordano sui ruoli di Angelo Greco, Antonio Lerose e Antonio Ciampà. Per sciogliere i dubbi, Beatrice Ronchi chiede di ascoltare anche Nicolino Sarcone, già condannato a 30 anni per quei fatti.