REGGIO EMILIA – Con una lettera dai toni molto forti e accorati che ha inviato alla Fondazione I Teatri, Roberto Saviano, noto giornalista e scrittore, ha rinunciato a essere in città domenica e lunedì prossimi.
“L’esposizione fisica preoccupa me e chi mi sta attorno perché l’odio è tangibile e non esiste alcuno scudo”. Parole molto forti, destinate a fare discutere, perché a dirle è chi da anni vive sotto scorta per le sue inchieste contro camorra e ‘ndrangheta. Parole contenute in una lettera da lui stesso inviata nelle ultime ore alla fondazione I Teatri. Saviano era stato invitato nella nostra città domenica e lunedì per un doppio appuntamento pubblico, tra l’iniziativa “Finalmente domenica” e l’incontro al teatro Valli con circa mille studenti per parlare della figura di Giovanni Falcone, al centro del suo ultimo libro, e di temi legati alla mafia.
“Per me questa è una fase difficile, portato a processo da tre ministri di questo Governo: Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Gennaro Sangiuliano“, scrive. Saviano è stato denunciato per diffamazione per aver definito Meloni “bastarda” per le affermazioni sulle ong e Salvini “il ministro della malavita”. “I giornali di estrema destra, in alcuni casi pagati direttamente da esponenti della maggioranza parlamentare, stanno facendo uno squadrismo quotidiano – continua Saviano – Rinuncio per timore di esporre chi mi ospita e vedo la lontananza siderale di chi, da posizioni di forza, potrebbe schierarsi, esprimere un’opinione e invece tace. Così funzionano le democrazie illiberali”.
Immediata la solidarietà del primo cittadino di Reggio, Luca Vecchi. “Come sindaco e come presidente della Fondazione mi preme dirti, Roberto, che non sei solo: siamo al fianco di chi si impegna in prima persona contro la criminalità organizzata, per la legalità e la sicurezza – scrive Luca Vecchi – Reggio Emilia ti ha conferito la cittadinanza onoraria: è la terra di Don Pasquino Borghi e dei sette fratelli Cervi, di Giuseppe Dossetti e Nilde Iotti. Quei ragazzi pronti a riempire il teatro Valli hanno bisogno del tuo pensiero e del tuo impegno”.
Sull’argomento è intervenuto anche il coordinatore comunale di FdI, Marco Eboli: “Saviano si dipinge vittima di un reato di ‘opinione’. In democrazia l’opinione la si può esprimere senza offendere, come ha fatto. Ora che Giorgia Meloni è presidente del Consiglio, Saviano cerca di apparire come la vittima del potere, ma la querela fu presentata quando Meloni e FdI erano l’unica opposizione al governo Draghi, quindi il tentativo non regge. Venga pure a Reggio Emilia, che non rischia proprio nulla, ed eviti di sollevare inutili polveroni. Magari, scrivendo una lettera pure a Meloni e Salvini, per chiedere scusa delle offese a loro rivolte”.
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La lettera integrale di Saviano
Care e cari, pochi giorni fa, il 15 novembre, si è celebrata a Roma la prima udienza del processo che mi vede chiamato in causa dalla Premier Giorgia Meloni per un reato di opinione. Ho scritto queste poche righe che troverete di seguito perché possiate comprendere il motivo che mi porta, in queste settimane per me difficili, ad annullare i miei incontri pubblici. Spero riusciate a comprendere e ad avere pazienza, perché ho tutta l’intenzione di incontrarvi presto.
Vi scrivo questa lettera con molta fatica e gran dispiacere. Per me questa è una fase difficile, portato a processo da tre ministri di questo Governo: la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il Vice Presidente del Consiglio Matteo Salvini, il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano.
Il ministro della Cultura mi ha poi minacciato nuovamente, di altro processo, per le critiche rivolte recentemente a lui; Salvini invece si è costituito, a sostegno di Giorgia Meloni, parte civile nel processo a mio carico. Ben cinque le azioni giudiziarie pendenti da parte di ministri di questo governo. Chiunque, al mio posto, ne sarebbe paralizzato.
I giornali di estrema destra, in alcuni casi pagati direttamente da esponenti della maggioranza parlamentare, stanno facendo uno squadrismo quotidiano: io sono sulle loro prime pagine ogni giorno, attaccato nella maniera più bassa e vile, senza che io sia davvero schermato da quella che dovrebbe invece essere una opinione pubblica “amica”; con me anche i garantisti professionali smettono di esserlo. Da un lato c’è un comportamento feroce, di diffamazione, di isolamento, dall’altro prudenza, distinguo, precisazioni, paura, silenzio per convenienza. Questo genera solitudine. Per fortuna so che non sono solo: sento la solidarietà di chi mi legge, di chi sostiene le idee che esprimo e di alcuni dei miei colleghi, i più coraggiosi (pochi, tra gli scrittori, lo sono). La sento e ne sono preoccupato, perché temo seriamente che chi mi è vicino sia oggetto di vendette trasversali. Non voglio certo votarmi alla solitudine, ma sento di dover proteggere chi non ha scelto il mio percorso, ma desidera starmi accanto.
Mi trovo, quindi, a dover annullare gli incontri che avevamo organizzato. Rinuncio, in queste settimane di attacchi continui, per timore di esporvi, di esporre chi mi ospita: responsabilità, questa, che sento gravosissima. E la sento tanto più perché vedo la lontananza siderale di chi, da posizioni di forza, potrebbe schierarsi, esprimere un’opinione e invece tace. Rinuncio adesso perché vivere in queste settimane occasioni pubbliche, per me, è difficile. L’esposizione fisica preoccupa me e chi mi sta attorno perché l’odio è tangibile e non esiste alcuno scudo: chi dovrebbe difendere spazi di libertà e democrazia è impegnato a nascondere le macerie di un percorso politico, culturale e intellettuale che non ha saputo creare ponti, ma solo disgregazione.
Mi dispiace immensamente per questa occasione mancata, mi dispiace perché per me incontrare lettrici e lettori, studentesse e studenti è ossigeno vero. Ma quello che sta accadendo a me, e attraverso la mia esperienza anche a voi, non consente di poter andare avanti come se nulla fosse, impone una riflessione. Come se gli attacchi continui alla libertà di espressione, parola e perfino pensiero fossero un terreno di contrattazione. Vi state accorgendo che hanno selezionato chi attaccare? Vi siete accorti che non siamo in molti, ma siamo sempre gli stessi? Così funzionano le democrazie illiberali: si selezionano una dozzina di nemici pubblici, li si accusa di guadagnare con le proprie parole (sostanzialmente con il proprio lavoro), si creano paure e pericoli che non esistono o che esistono nella misura in cui non c’è gestione, non c’è capacità politica di trovare soluzioni. Io sono da troppi anni tra i nemici giurati di ogni governo di destra, ma non sono considerato amico di chi a loro si oppone, perché ho sempre tenuto al rigore del mio lavoro e delle mie denunce e non ho mai fatto sconti. Non cerco case, non cerco chiese, ma restare sotto il fuoco nemico e sotto il fuoco amico è da martiri. E io non sono un martire, ma uno scrittore. Attraverso ciò che sta accadendo a me, sarebbe possibile capire la deriva del Paese, ma bisogna avere occhi per vedere.
Mi dispiace immensamente, vi abbraccio tutti e spero di poter riprendere serenamente i miei incontri pubblici al più presto. Perché, se è vero che la scorta viene assegnata per poter fare il proprio lavoro, è vero anche che la scorta serve per schermarti da chi ha deciso di vivere la propria vita al di fuori delle istituzioni e vuole impedirti di fare il tuo lavoro, di raccontare e denunciare. Non è tollerabile che la scorta sia un deterrente contro chi viene costantemente istigato e sobillato da un governo di estrema destra e dalla stampa asservita.
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