REGGIO EMILIA – Il recente caso della titolare di una pizzeria che sembra si sia tolta la vita dopo una recensione finta sui social e il clamore mediatico che ne è conseguito porta a riflettere sul ruolo dei social media tra i giovani ma non soltanto.
Loris Vezzali, docente di Psicologia sociale Unimore: “Diamo in mano ai giovani delle grandi bombe che sono i telefonini – ha detto – senza dare loro le istruzioni per utilizzarli. Bisogna partire in primo luogo dall’educazione, anche per i social media”. Nella sede reggiana dell’ateneo da qualche anno è attivo un corso di laurea in “digital education” nel quale gli studenti “acquisiscono competenze digitali per operare sui social e con ragazzi in condizioni di svantaggio”.
I social media – secondo Vezzali – possono, in un epoca di isolamento, aiutare i ragazzi a tessere relazioni sociali, ma anche impoverirle: i grandi numeri di follower a scapito di relazioni più di qualità possono poi essere molto pericolosi. “Stiamo lavorando tanto con le scuole sui fenomeni di cyber bullismo, studiando anche programmi innovativi a differenza del bullismo tradizionale a volte può essere meno visibile, se avviene su una chat privata interveniamo solo a ‘fattaccio’ avvenuto.
La caduta della regina delle influencer, Chiara Ferragni, e i messaggi di odio da parte di haters. Secondo Vezzali, occorre lavorare su due livelli per evitare tutto questo: rendersi conto che ciò che avviene sui social ha conseguenze reali e ridimensionare il ruolo di queste “realtà virtuali”. “Sul caso specifico, conosco troppo poco per commentare ma negli episodi di cyberbullismo si arriva spesso al caso tragico. Bisogna cominciare a lavorare su questo perché è un’urgenza non più demandabile”.
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