REGGIO EMILIA – Il passaggio da “sezione” a “centro operativo” non è solo un avanzamento formale: è un salto di qualità sostanziale, perché significa avere a disposizione più uomini e più mezzi. E quando si parla di uomini e mezzi della Dia, la Direzione investigativa antimafia, vuol dire anche che Bologna è stato ufficialmente riconosciuto come distretto in cui la lotta alla criminalità organizzata è qualcosa di profondo e di necessario, da far progredire ancora. In quest’area, Reggio Emilia dal 2015 in poi non solo per gli investigatori ma anche per i tribunali è diventato il territorio fulcro di una ‘ndrangheta non più militare ma imprenditrice.
Il procuratore generale reggente di Bologna Lucia Musti poche settimane fa, inaugurando l’anno giudiziario, aveva invocato maggior rispetto per l’Emilia Romagna in termini di risorse, e oggi parla di un giusto riconoscimento.
L’elevazione da sezione a centro è avvenuta in contemporanea con l’inaugurazione delle sedi Dia a Brescia e Catanzaro e di patrimoni ha parlato anche il ministro degli Interni Matteo Piantedosi, presente in Calabria: “Il sistema di prevenzione patrimoniale utilizzato per combattere la criminalità organizzata sarà rafforzato in vista dell’importante sfida dell’attuazione del Pnrr che è molto importante per il nostro Paese – ha detto – Il modello ordinamentale italiano contro la criminalità organizzata non ha eguali al mondo”.










