BOLOGNA – Il cataclisma che si è abbattuto nelle Marche è partito da lontano: la perturbazione è nata in Sardegna, poi ha attraversato le acque caldissime del Tirreno acquisendo forza, scaricata con effetti drammatici sulle province di Ancona e Pesaro-Urbino. Una svolta verso est all’ultimo minuto, un temporale “autorigenerante” ossia capace di autoalimentarsi per ore facendo piovere quanto normalmente pioverebbe in sei mesi. Proprio come accadde, da ultimo in Emilia, tra Piacenza e Parma nel settembre del 2015 portando all’esondazione del Trebbia e del Nure.
Mentre il conto dei morti prosegue di pari passo con la ricerca dei dispersi, le Marche protestano: c’era solo allerta gialla, nulla faceva presagire una catastrofe simile. Ma per fenomeni di questo tipo, spiega ARPAE, non basterebbe la bacchetta magica.
Prevenire, non prevedere, è possibile consolidando con forza i bacini idrogeologici. Un problema di stretta attualità per l’Emilia centrale stretta nel suo dedalo di fiumi e torrenti. Gli investimenti degli ultimi anni per rafforzare gli argini potrebbero essere messi alla prova nel prossimo mese e mezzo, la stagione dei grandi temporali per così dire. Già nelle prossime 24 ore è atteso un primo test, con l’allerta – gialla, anche in questo caso – diramata nelle ultime ore su tutta l’Emilia, con rischio di smottamenti e frane in appennino, e addirittura arancione per vento forte in Romagna.
Nubifragio nelle Marche, Arpae: “Fenomeni imprevedibili”. VIDEO
16 settembre 2022“Poteva investire anche l’Emilia Romagna”, spiegano gli esperti regionali del clima. L’unica soluzione è prevenire, consolidando i bacini idrogeologici