REGGIO EMILIA – Dalle macerie del crac Parmalat a Piazza Affari. La traiettoria di Newlat è stata davvero sorprendente.
Lo sbarco in Borsa dell’ex Giglio, nell’autunno scorso, è avvenuto alla vigilia di una crisi sanitaria senza precedenti. Ma i conti del gruppo agroalimentare non ne hanno risentito. Anzi, nei primi tre mesi dell’anno le vendite si sono impennate del 12% con un più 7% per il latte e una punta del 20% per la pasta.
Le quotazioni invece sono state penalizzate, ma dopo il tonfo di metà marzo il titolo ha recuperato e oggi viaggia su livelli inferiori al prezzo di collocamento (5,8 euro) di circa il 15%. Insomma, considerando l’aria che tira, Newlat se la sta cavando meglio di molti altri.
Il collocamento in Borsa è stato meno brillante delle attese, ma ha comunque permesso di raccogliere – al netto delle commissioni – circa 75 milioni di euro. Il gruppo di via Kennedy ne ha approfittato subito per mettere a segno un’acquisizione importante: la Centrale del Latte d’Italia. Un’operazione che dovrebbe portare il giro d’affari dai 325 milioni di fine 2019 a 500.
L’approdo a Piazza Affari e l’offerta pubblica di acquisto e scambio sulla Centrale del Latte hanno comportato anche un rafforzamento patrimoniale di Newlat. L’assemblea degli azionisti del 25 giugno scorso ha deliberato un aumento di capitale. Con l’esecuzione della prima tranche, il capitale sociale è salito a 43 milioni.
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