MODENA – Nessuna responsabilità. Mattia Dall’aglio morì per una problema congenito al cuore, di difficile diagnosi, la cardiomiopatia aritmogena biventricolare; patologia che può essere aggravata da un’intensa attività fisica. Sono queste le conclusioni dei periti del centro specialistico di Padova incaricati dalla procura di Modena di capire cosa aveva causato la morte del il nuotatore reggiano di 24 anni trovato il 6 agosto del 2017 senza vita all’interno della palestra dei vigili del fuoco in via Formigina. A distanza di tre anni, il giudice Barbara Malvasi ha accolto la richiesta di archiviazione presentata dal pm Katia Marino, “perchè il fatto non sussiste”, per i tre indagati: Luciano Landi – direttore sportivo dell’associazione Amici del Nuoto, che si era occupato della preparazione atletica del ragazzo, fino a che Mattia non aveva interrotto l’agonismo, scomparso improvvisamente per un malore il 26 agosto scorso – e Mirco Merighi, presidente dell’associazione sportiva. Nessuna responsabilità anche per un medico reggiano indagato per aver rilasciato per ultimo il nullaosta al giovane per svolgere attività sportive. Secondo i periti insomma non esiste un nesso causale che dimostri come la morte del ragazzo sia stata effettiva conseguenza di un allenamento intenso. Mattia è stato colto da morte cardiaca improvvisa legata ad una patologia preesistente e genetica. Impossibile, inoltre, conclude la perizia, stabilire l’ora certa del decesso e accertare se il ragazzo potesse essere salvato da un intervento tempestivo, poiché per quel tipo di patologia non sempre è sufficiente il defibrillatore.
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20 settembre 2020Il giovane nuotatore reggiano morì per una problema congenito al cuore, di difficile diagnosi, la cardiomiopatia aritmogena biventricolare, e anche un intervento tempestivo non è detto che avrebbe scongiurato il peggio