REGGIO EMILIA – Da qualche tempo alcune zone della nostra provincia soffrono problemi di siccità e gli appelli a non sprecare l’acqua si moltiplicano. Eppure, la quantità di acqua immessa in rete tende a crescere nel corso degli anni.
Partiamo dai numeri: nel 2014 nella nostra provincia Iren distribuì 42,5 milioni di metri cubi di acqua potabile. L’acqua immessa in rete ha toccato un massimo di 46,1 milioni di metri cubi nel 2019, per poi attestarsi l’anno scorso a quota 45,8 milioni. Il dato del 2020 è superiore di quasi l’8% rispetto a quello del 2014. La crescita dei volumi non trova riscontro nelle altre province servite da Iren: a Piacenza i consumi sono stabili, a Parma, Genova e Savona si registrano cali anche consistenti.
Da dove viene l’acqua che esce dai nostri rubinetti? L’approvvigionamento idrico da parte di Iren avviene in larghissima parte attraverso il prelievo dai cosiddetti “corpi idrici superficiali”: più del 96% dell’acqua immessa in rete viene da fiumi e invasi. Solo poco più dell’1% deriva invece da prelievi da falde. C’è da dire che non tutta l’acqua immessa in rete arriva a destinazione, anzi. Nel 2014 le perdite di rete per Iren si attestavano al 24%; nel 2020 la quota è salita al 33,3%. Un dato ancora inferiore alla media nazionale, ma piuttosto elevato.
Di fatto, dei quasi 46 milioni di metri cubi che entrano nelle tubature della nostra provincia, 15 non arrivano a destinazione. Secondo i dati di Legambiente, in Emilia Romagna i consumi domestici rappresentano l’85% del totale dei consumi di acqua potabile. Il restante 15% viene assorbito dall’industria e dall’agricoltura.
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