REGGIO EMILIA – C’è stato il tempo in cui i Comuni favorivano le costruzioni: in quel modo avrebbero incassato più oneri di urbanizzazione e più Imu. Era la cosiddetta “finanza creativa”. Poi, intorno all’inizio del nuovo millennio, la tutela del territorio è tornata a essere un valore centrale nelle politiche locali.
Così, nel 2020 in provincia di Reggio Emilia, secondo l’Istat, gli alloggi nuovi sono soltanto 279. Molti meno di quelli realizzati a Parma (424), che pure è una provincia più piccola di quella reggiana; di quelli fabbricati a Modena (887) e a Mantova (303).
Nel nostro territorio si è costruito secondo piani strutturali comunali e conseguenti piani particolareggiati molto più restrittivi delle province vicine. L’alloggio che nel 2020 è andato per la maggiore è quello con 5 stanze. Nel nostro territorio sono state 108 le abitazioni siffatte. Si presume che in futuro si cerchino, a differenza di qualche tempo fa, appartamenti più grandi perché smart working, incentivi governativi, esigenze dei diversi componenti del nucleo famigliare spingono verso un’abitazione più ampia.
Bisogna certamente fare i conti con i costi, ma è pur vero che rispetto a un tempo la domotica, la robotica, la qualità degli impianti di riscaldamento e di deumidificazione hanno fatto passi da gigante facendo risparmiare sulle bollette e sulle manutenzioni. Il Covid, ma non solo, sta dunque cambiando anche le nostre abitazioni. Altro dato che emerge dai numeri dell’Istat è che a Reggio Emilia si tende a recuperare l’esistente: il basso numero di nuovo alloggi non significa che non vi sia sete di casa. Si tenta, anche sfruttando i bonus del momento, di adeguare e migliorare gli immobili già esistenti.
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