BRESCELLO (Reggio Emilia) – Nell’ultima udienza del dibattimento del processo Grimilde, con al centro Brescello e la famiglia di Francesco Grande Aracri, c’è stata la testimonianza importante di un inquirente bolognese.
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E’ una sensazione forte, in pratica una certezza: Nicolino Grande Aracri, nella sua nuova veste di pentito, scoperchierà grossi pentoloni anche in famiglia. Dovranno trascorrere sei mesi – si chiama “verbale illustrativo” – durante i quali il boss detenuto a Opera illustrerà alla Dda fatti, eventi e persone, poi quelle dichiarazioni potranno essere utilizzate nei processi in corso e lo stesso “Mano di Gomma2 potrà essere chiamato come teste: è avvenuto così con i collaboratori di giustizia risultati fondamentali nel processo Aemilia.
Ma adesso a Reggio si parla di Grimilde, col dibattimento iniziato lo scorso dicembre, e si parla quindi di Brescello e del presunto controllo sul territorio esercitato dai Grande Aracri: Francesco fratello di Nicolino e i suoi figli Paolo e Salvatore, quest’ultimo processato con rito abbreviato e condannato in primo grado a 20 anni.
Nell’ultima udienza il teste chiave per la Dda è stato Saverio Pescatore, commissario della squadra mobile di Bologna, colui che ha condotto le indagini che hanno portato appunto all’operazione Grimilde del giugno 2019, a loro volta scaturite dalla relazione sullo scioglimento per mafia del comune. Pescatore ha sgombrato decisamente il campo, dicendo che a Brescello “resiste un’egemonia mafiosa” e che la famiglia Grande Aracri ha trovato “continuità di indirizzo politico e una struttura amministrativa non impermeabile”. Ha poi citato un caso contrario come esempio: quello di una funzionaria dell’urbanistica che nel 2008 chiese il trasferimento ad un altro comune perché sarebbe stata spesso pressata, anche fuori dal lavoro, da persone considerate vicine alla famiglia calabrese che le chiedevano conto di pratiche edilizie. Il commissario Pescatore proseguirà la sua testimonianza nella prossima udienza.
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