REGGIO EMILIA – La moglie e la figlia di Nicolino Grande Aracri avrebbero rifiutato di sottoporsi al programma di protezione dopo che il boss di Cutro si è detto pronto a collaborare con la giustizia. Lo scrive il Quotidiano del Sud, aggiungendo che la stessa scelta è stata fatta dagli otto fratelli del capocosca che sono a piede libero. Ma quali conseguenze potrebbe avere un’eventuale collaborazione di Nicolino Grande Aracri?
La notizia bomba che Nicolino Grande Aracri potrebbe iniziare a collaborare con la giustizia suscita aspettative, dubbi e molti interrogativi. Le domande centrali sono due. La prima: siamo di fronte semplicemente a un tentativo spregiudicato di evitare una lunga detenzione o a una volontà sincera di collaborazione? La risposta a questa domanda arriverà presto, perché al capocosca di Cutro sarà chiesto di fornire elementi utili alle indagini e, soprattutto, elementi che non siano già conosciuti dagli inquirenti.
Senza andare tanto lontano, nell’ottobre 2017 un altro boss, Nicolino Sarcone, uomo vicinissimo a Grande Aracri, scrisse dal carcere alla Dda di Bologna chiedendo di parlare con i magistrati Marco Mescolini e Beatrice Ronchi per riferire fatti importanti. Mescolini e la Ronchi lo incontrarono e si resero subito conto che la sua collaborazione non era genuina.
La seconda domanda chiave è: se Nicolino Grande Aracri fa sul serio, quali potrebbero essere le conseguenze delle sue rivelazioni? Il boss sa certamente molte cose, sia sul piano strettamente criminale, sia dal punto di vista delle relazioni della cosca con professionisti, imprenditori, politici, direttori di banca e di uffici postali, forze dell’ordine e ambienti massonici. Se parlasse, guasterebbe i piani di coloro che, dopo aver ottenuto la cacciata di Mescolini dall’Emilia-Romagna, speravano di aver archiviato definitivamente le indagini sui rapporti tra criminalità organizzata e colletti bianchi.
Ma ci sarebbe pure un’altra conseguenza, anche questa dai risvolti imprevedibili. Chi collabora con i magistrati non si espone solo al rischio di vendette dirette o indirette. Chi collabora, non comanda più. E quel vuoto di potere viene presto colmato da altre famiglie, con le buone o con le cattive.
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