BRESCELLO (Reggio Emilia) – E’ marchiata ‘ndrangheta la famiglia Grande Aracri di Brescello. Dopo padre e due figli, stavolta la condanna con rito abbreviato per mafia è piombata su Rosita Grande Aracri, 42 anni, considerata dal 2004 al 2023 in sinergia con i vertici del clan ‘ndranghetistico emiliano.
A Bologna, dopo un’ultima udienza velocissima dedicata alla controreplica della difesa, il gup Roberta Malavasi ha condannato in primo grado la 42enne a 7 anni e 4 mesi di reclusione, pena messa in continuazione con i 2 anni di carcere già espiati dall’imputata nel procedimento Grimilde per la fittizia intestazione della ditta del padre Francesco, cioè la Eurogrande Costruzioni.
In aula Rosita non c’è, come nelle altre udienze. L’attendono tre anni di libertà vigilata. La pm antimafia Beatrice Ronchi vede così quasi tutta accolta la sua proposta di pena (aveva chiesto 8 anni di carcere), inoltre in sentenza nei confronti dell’imputata c’è tutta una serie di provvisionali risarcitorie da pagare: 80mila euro al Ministero dell’Interno, 40mila euro al Comune di Brescello ma anche alla Regione e Provincia di Reggio Emilia, poi a scalare a Libera (30mila euro), Cortocircuito (20mila euro), infine 10mila euro per Comune di Reggio Emilia, Cgil regionale e Camera del Lavoro reggiana.
Per il giudice nelle vesti di imprenditrice o di segretaria, Rosita ha dato un costante contributo alla cosca, mantenendo i contatti con la casa madre come portavoce del padre. Non la pensa così l’avvocato difensore Mario Terracciano.
Fra 90 giorni le motivazioni della sentenza e la difesa dovrà valutare se rinunciare all’Appello (ottenendo un ulteriore sconto di un sesto della pena come prevede la legge Cartabia) oppure impugnare ed approdare al processo di secondo grado.
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