GUALTIERI (Reggio Emilia) – Salvatore Procopio martedì stava uscendo di casa, dopo la pausa pranzo. Fuori, ad attenderlo, c’erano gli uomini e le donne della squadra mobile di Reggio Emilia guidata da Guglielmo Battisti. Ora, il 47enne di Gualtieri è in carcere per effetto di una misura di custodia cautelare emessa dal gip di Bologna Alberto Ziroldi e chiesta dal sostituto procuratore della Dda, Beatrice Ronchi.
E’ ‘gravemente indiziato di “appartenere alla consorteria ‘ndranghetistica operante in Emilia e di detenzione illegale di plurime armi da sparo” si legge nell’ordinanza. E’ considerato un’azionista: nel gergo, uno che agisce, uno che spara. La mano armata della “nuova ‘ndrangheta” costretta a riorganizzarsi dopo le batoste degli ultimi anni, ma certamente non doma.
Coinvolto nell’operazione Pandora e poi assolto da quelle accuse, uscito per archiviazione da un successivo procedimento, il quadro attorno a Procopio e al suo profilo è stato composto grazie alle inchieste che sono venute successivamente: Aemilia in primis, nella quale è stato condannato suo fratello, poi Grimilde e adesso Perseverance.
L’arresto del 47enne arriva nell’ambito dell’operazione che lo scorso marzo aveva messo nei guai diversi presunti esponenti della ‘ndrangheta reggiana, su Giuseppe Sarcone Grande e Salvatore Muto classe ’85, fratelli di noti condannati. Al centro, un’attività estorsiva per due milioni di euro. Era stata posta sotto sequestro un’arma che, è emerso, era stato proprio Procopio a cedere a uno degli indagati, Domenico Cordua, affinché fosse a disposizione della consorteria. Gli inquirenti ritengono che anche a Gualtieri Procopio tenesse una pistola, che a ora però non è stata trovata.
Dalle intercettazioni sarebbe emersa la considerazione che gli indagati avevano di Procopio: ne esaltavano la caratura criminale e la capacità di compiere azioni criminali. L’uomo sarebbe intervenuto in diverse occasioni per dirimere controversie tra i sodali e per favorire il cugino Giuseppe Friyio e la famiglia Muto di Gualtieri. Risiedeva nel paese della Bassa da oltre 20 anni e lavorava nel settore dell’autotrasporto su gomma proprio alle dipendenze della ditta Muto, oggi sotto sequestro.
“La lotta alla pervasiva presenza e operatività della criminalità organizzata perseguita dalla polizia di Stato, con il puntuale coordinamento della Dda di Bologna – ha commentato il questore di Reggio Emilia, Giuseppe Ferrari – deve essere improntata, in provincia, a una costante e metodica opera di contrasto. L’obiettivo strategico della polizia in questa provincia, già interessata da plurime operazioni contro la ‘ndrangheta, è quello di mantenere un’altissima soglia di attenzione ai fenomeni criminali di matrice mafiosa, soprattutto in un periodo di assestamento della consorteria a seguito dei significativi risultati conseguiti dalle forze di polizia e dall’autorità giudiziaria.
L’esperienza e il bagaglio di conoscenze acquisite nel corso degli ultimi anni, segnati da pesanti condanne comminate a carico di associati, va implementato e valorizzato, perché è indubbio come la ‘ndrangheta sia ancor più pericolosa quando si mimetizza evitando azioni criminali eclatanti”.
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