BRESCELLO (Reggio Emilia) – Secondo il giudice Sandro Pecorella, presidente della corte del processo Grimilde, il mondo criminale dei Grande Aracri di Brescello andava avanti da 20 anni. Nelle pagine delle motivazioni della sentenza dello scorso ottobre emergono dettagli anche rispetto alla prassi di estorcere denaro ai conterranei sui cantieri.
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L’assenza di segni di dissociazione dal gruppo, l’essere dentro ad un progetto criminale, la probabilità che una volta scontate le pene avrebbero commesso ulteriori reati. Elementi che per il gup Sandro Pecorella disegnano un profilo di pericolosità sociale per gli imputati principali di Grimilde. Tra questi Salvatore Grande Aracri, il figlio maggiore di Francesco, fratello del boss Nicolino. 20 anni in primo grado la condanna per lui, mentre il padre e il fratello minore Paolo hanno scelto il rito ordinario ancora in corso.
Fittizie intestazioni, sfruttamento della manodopera, calunnia, danneggiamento: Salvatore è la persona che deve rispondere di più capi d’imputazione. “E’ sempre vissuto in un mondo criminale”, scrive il giudice. Gestiva, per il gup, una rete di prestanome che serviva per occultare attività imprenditoriali del sodalizio ‘ndranghetistico, per nascondere beni e imprese. “Un sodalizio che ha una storia ventennale alle spalle”, per Pecorella, dove gli intestatari fittizi col passare del tempo e l’aumentare delle necessità sono diventati membri. “Persone che non devono rendere conto a nessuno di quello che fanno, che agiscono in un ambito comunitario – si legge ancora – ai guai di un consociato provvedono gli altri, in modo che quando uscirà dal carcere tornerà allo status di appartenenza”.
Dopo Edilpiova, Francesco Grande Aracri stava molto attento, secondo la sentenza, a non dare nell’occhio. Ci pensava Salvatore. Anche in questo caso gli inquirenti hanno fatto grande affidamento sui racconti dei collaboratori di giustizia, e tra questi Giuseppe Giglio. Ha raccontato che parecchie volte Salvatore ha tentato di “pestargli i piedi”, e che tutti gli imprenditori nell’Emilia e nella Lombardia “si dovevano rivolgere ad Alfonso Diletto“. Anche Diletto è stato condannato in questo filone.
Secondo il pentito, dopo l’inchiesta Aemilia del 2015 il potere dei Grande Aracri a Brescello è aumentato. Una delle attività, ha detto Giglio, era l’estorsione sui cantieri, “sopratttuto sui cantieri cutresi – ha raccontato – perché lì c’è la mentalità, sai che se vai a fare un lavoro da 10mila euro, mille li devi dare ai Grande Aracri. Franco Grande Aracri prendeva gli appalti”.
Nelle motivazioni è allegato anche un interrogatorio fatto a Giglio nel maggio del 2016, in cui il collaboratore parla del presunto appoggio alla candidatura di Marcello Coffrini a sindaco e in cui diceva che “accordi non lo so, però che i Grande Aracri si sono impegnati quello sì…Qualsiasi cosa, magari uno ha bisogno in Comune…”.
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