REGGIO EMILIA – Dal carcere milanese di Opera nel quale era rinchiuso, avrebbe chiesto di incontrare i magistrati della Dda di Catanzaro, guidati dal procuratore Nicola Gratteri. Ai pm avrebbe già reso le prime dichiarazioni, circa un mese fa.
Non un collaboratore di giustizia qualunque, bensì il boss di una delle cosche di ‘ndrangheta più potenti con base a Cutro e ramificazioni in tutto il nord Italia: Nicolino Grande Aracri. La notizia, riportata dal Quotidiano del Sud, è stata confermata all’Ansa da fonti della Dda. Dopo la richiesta di incontrare i pm di Catanzaro, “mano di gomma” sarebbe ora stato trasferito in un’altra località.
Condannato all’ergastolo per diversi omicidi e per associazione mafiosa, Grande Aracri avrebbe dunque iniziato un percorso per collaborare con la giustizia. Cauti i magistrati, se la sua collaborazione sarà ritenuta attendibile è tutto da verificare. La figura del boss è stata al centro del maxi processo Aemilia, celebrato in primo grado nella nostra città. Nel troncone che ha riguardato i delitti avvenuti in provincia nel 1992, Nicolino Grande Aracri è stato l’unico condannato in primo grado all’ergastolo, il 2 ottobre 2020, per l’omicidio di Giuseppe Pino Ruggiero. Il 20 luglio 2018 era stato condannato, sempre all’ergastolo, insieme al fratello Ernesto, dalla Corte d’assise d’appello di Catanzaro per l’omicidio di Antonio Dragone, di 61 anni, ucciso il 10 maggio del 2004 con alcune raffiche di kalashnikov a Cutro. Sentenza confermata nel giugno 2019 dalla corte di Cassazione, alla fine del processo Kyterion.
Un boss che in molti definiscono tra i più potenti al mondo e incline alla violenza dunque, ma che ha sempre cercato di avvicinare e legare a sé quelli che definitiva “i cristiani buoni”: colletti bianchi, professionisti e imprenditori.
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