REGGIO EMILIA – Erano in libertà e si impegnavano nel curare le attività illecite di famiglia. La maxi operazione scattata all’alba porta dietro le sbarre Salvatore Muto, di 35 anni, fratello di Luigi, classe 1975, e Antonio, classe 1978, entrambi detenuti poiché condannati nel processo Aemilia. In regime di reclusione ci finisce anche Giuseppe Sarcone Grande, l’ultimo dei Sarcone che finora era in libertà. Anche i suoi tre fratelli: Nicolino, Gianluigi e, Carmine stanno scontando severe condanne, in quanto ritenuti esponenti di spicco della ‘ndrangheta emiliana, il cui organigramma è stato aggiornato dalle indagini svolte dalla questura di Reggio Emilia e dai carabinieri di Modena, artefici dell’operazione denominata “perseverance”, a sottolineare il fatto che nemmeno durante la pandemia l’attività investigativa ha conosciuto sosta.
Secondo quanto emerso, Giuseppe Sarcone, di 59 anni, risulta uno degli attuali vertici della cosca operante in Emilia, legata ai Grande Aracri di Cutro ma contestualmente autonoma da questa. Attraverso dei prestanome, avrebbe gestito in questi anni attività economiche nel Reggiano e nel Modenese, con l’intento di mettere al riparo il proprio patrimonio da sequestri.
Diversi suoi suoi beni finirono nelle mani dello Stato nel maxi sequestro da 5 milioni di euro che colpì la famiglia nel settembre 2014. Ora i sigilli sono stati posti a cinque società, quattro complessi immobiliari e un’autovettura, tutti riconducibili a Giuseppe Sarcone che sotto mentite spoglie gestiva carrozzerie e autofficine, ma anche sale scommesse e società immobiliari. Dalle investigazioni è risultato come il 59enne abbia provato ad acquisire, sempre dietro società di facciata, un’area di servizio in provincia di Reggio e una sala slot a Modena.
Le perquisizioni di queste ultime ore si sono svolte, oltre che in Emilia, anche a Crotone, Milano, Ancona, Prato, Pistoia e Latina. Gli indagati sono in tutto 29 per reati che vanno dall’associazione mafiosa a fini estorsivi al trasferimento fraudolento di valori. Tra i nove arrestati solo due sono ai domiciliari; per i restanti è stata decisa la custodia in carcere. Tra questi, come dicevamo, il 35enne Salvatore Muto, figura che avrebbe messo in contatto per affari illeciti la cosca emiliana con un’insospettabile coppia di cittadini modenesi incensurati, il cui profilo criminale emerso si è fatto notare dal punto di vista della spregiudicatezza con la quale mettevano in atto estorsioni e minacce.
“Questa operazione dimostra, ancora una volta, l’impegno quotidiano delle forze di polizia contro la criminalità organizzata e le sue attività illecite”, ha dichiarato il prefetto di Reggio Emilia, Iolanda Rolli. Un plauso al lavoro di inquirenti e forze dell’ordine è arrivato anche dal presidente della Regione Stefano Bonaccini; “l’impegno a favore della legalità e contro le infiltrazioni dei clan non si ferma”, garantisce il sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi. “Occorre non abbassare la guardia”, gli fa eco il presidente della Provincia, Giorgio Zanni. “La criminalità organizzata è ancora radicata e continua a operare, specialmente in tempo di pandemia”, è invece il monito della vicepresidente della Camera, Maria Edera Spadoni.
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