BIBBIANO (Reggio Emilia) – Secondo gli inquirenti aveva preso il comando della cosca ’ndraghetistica con epicentro Reggio Emilia. Carmine Sarcone è tornato in carcere. Nei suoi confronti è infatti diventata definitiva la condanna, per associazione mafiosa, a 8 anni e 4 mesi di reclusione. Così ha deciso la Cassazione, venerdì scorso, rigettando il ricorso presentato dagli avvocati del 45enne contro la sentenza bis della Corte d’Appello di Bologna dell’11 marzo 2024 per il processo denominato “Perseverance”. Il verdetto ha fatto scattare l’arresto, eseguito dai carabinieri di Modena e dalla Direzione Investigativa Antimafia felsinea. In attesa dell’ultima parola dei giudici, Carmine Sarcone viveva a Bibbiano sottoposto alla sorveglianza speciale.
Le indagini, coordinate dalla pm Beatrice Ronchi, avevano messo in luce la sua posizione apicale, di dirigente e di promotore, all’interno della “locale” della ‘ndrangheta emiliana collegata alla cosca del boss di Cutro Nicolino Grande Aracri.
Il ruolo di Carmine Sarcone era emerso nell’operazione Aemilia, nell’ambito della quale sono stati condannati i fratelli maggiori Nicolino e Gianluigi.
Sostituendosi a loro, fra il 2015 e il 2018, aveva assunto la reggenza del sodalizio, occupandosi, in particolare, della gestione del patrimonio, degli investimenti e delle attività imprenditoriali intestate a prestanome.
Nel corso degli anni alla famiglia Sarcone sono stati sequestrati diversi beni immobili.
Determinanti, tra le altre cose, per il quadro accusatorio, si sono rivelate le testimonianze di tre pentiti di Aemilia, cioè Antonio Valerio, Giuseppe Giglio e Salvatore Muto.
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