REGGIO EMILIA – E’ stata pubblicata, sui siti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, la relazione della direzione investigativa antimafia relativa al secondo semestre del 2019. C’è una parte che riguarda anche la nostra provincia.
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Negli ultimi sei mesi dello scorso anno, l’attività della Direzione Investigativa Antimafia ha continuato a fornire evidenze sul profondo radicamento della cosca calabrese Grande Aracri nel tessuto economico e sociale della nostra provincia. La relazione della Dia relativa al secondo semestre 2019, ripercorre le principali operazioni e i provvedimenti eseguiti nei confronti di alcuni elementi ritenuti promotori dell’organizzazione mafiosa che ha preso le mosse da Cutro per creare sul nostro territorio una entità autonoma.
Il 9 luglio dello scorso anno, l’Antimafia di Firenze ha eseguito la confisca di beni per oltre un milione di euro a Gaetano Blasco, 57enne imprenditore di origine calabrese, condannato in Aemilia in primo grado per associazione di stampo mafioso: quattro società, un immobile sette veicoli, nove rapporti bancari tra conti correnti, libretti di deposito e titoli. Poco più di due mesi dopo, il 25 settembre, il nuovo capitolo dell’inchiesta Grimilde, approdata proprio pochi giorni fa a 22 rinvii a giudizio: la squadra mobile di Bologna aveva eseguito due ordinanze di custodia cautelari in carcere per Paolo Grande Aracri e Manuel Conte, ritenuti responsabili di una estorsione nei confronti del titolare di un bar di Parma, “costretto a vendere l’attività agli esponenti della cosca – dicono gli investigatori – e a lavorare senza stipendio”.
L’ultima operazione citata risale al 15 ottobre: un sequestro di beni per dieci milioni di euro, tra fabbricati, terrenti, società e rapporti bancari, riconducibili al 65enne Antonio Muto, trasferitosi da 40 anni nel reggiano condannato in Aemilia per associazione mafiosa. “Il suo ruolo – si legge nella relazione – era quello di raccordo con la politica locale”. Era in pratica l’addetto alle pubbliche relazioni, uno degli artefici della strategia mediatica della cosca, per contrastare l’attività antimafia dell’ex prefetto di Reggio Antonella De Miro.
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