REGGIO EMILIA – A quasi dieci anni dall’imponente esplodere dell’operazione antimafia Aemilia c’è ancora in piedi uno strascico giudiziario in tribunale a Reggio. Il tortuoso procedimento è focalizzato sull’affare edilizio considerata dagli inquirenti una maxi speculazione immobiliare da 15-20 milioni di euro a Sorbolo, in terra parmense, con di mezzo denaro a fiumi (da riciclare e mettere a reddito) proveniente da Cutro e dalla cosca ‘ndranghetista emiliana, fra intimidazioni, minacce e linguaggio spesso violento.
Per questa vicenda vi sono già state da tempo diverse condanne in via definitiva e l’ultimo imputato rimasto è Francesco Falbo, imprenditore edile di 59 anni d’origine cutrese, ma residente a Sorbolo. E’ accusato dalla pm antimafia Beatrice Ronchi di reimpiego di capitali illeciti con l’aggravante mafiosa.
In aula la battaglia legale si è rivelata di quelle toste già in avvio, sulla scia della lunga testimonianza del luogotenente dei carabinieri Emidio D’Agostino che sta ricostruendo l’indagine specifica per quello che viene da sempre identificato dalla Dda come l’Affare Sorbolo. Falbo è presente in udienza, difeso dagli avvocati Raffaele Rianna e Vincenzo De Rosa.
Dell’imponente patrimonio edilizio di Sorbolo solo una parte è stata assegnata. L’amministratore giudiziario Rosario Di Legami, contattato da Telereggio, spiega che il complesso iter per gli altri appartamenti è ancora in corso, il che significa che manca la stima dell’Agenzia delle entrate indispensabile per concederli come beni di pubblica utilità, inoltre resta aperta la strada della vendita all’asta per soddisfare i creditori.
Nel maggio di quattro anni fa a Falbo sono stati bloccati beni, immobili e società, per un valore di oltre 10 milioni di euro. In base a verifiche patrimoniali e finanziarie, condotte dalla Direzione investigativa antimafia, sarebbe emersa una sproporzione tra i redditi dichiarati dal 59enne e i beni nella sua disponibilità.
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