REGGIO EMILIA – Il dato nuovo è la collaborazione tra cutresi e reggini. Una sorta di alleanza piuttosto inedita, con il boss della ‘ndrina San Luca, Giuseppe Romeo, che ha scelto come luogotenenti sul territorio italiano non suoi concittadini, ovvero crotonesi naturalizzati emiliani. Anche se gli inquirenti non sono inclini a ritenere Romeo incapace di fare affari al di fuori “della famiglia” e la ritengono una sorta di “associazione temporanea di imprese”. Parliamo di una persona che, fino all’arresto nel marzo 2021 a Barcellona, era considerato tra i latitanti più pericolosi al mondo.
Nei tanti episodi citati nell’ordinanza, uno in particolare spiega la spregiudicatezza che le forze dell’ordine gli attribuiscono. Nel gennaio 2020 Romeo sta mediando l’acquisto da un gruppo brasiliano di 300 kg di cocaina in arrivo dal Perù e destinati a un gruppo serbo in Belgio. La droga, tuttavia, rimane ferma nel porto e Romeo, emerge dalle indagini, sequestra una persona per indurre i brasiliani a restituirgli i 450mila dollari che aveva anticipato.
“Y kiero cabeza del muchacho tuyo”, “voglio la testa del tuo ragazzo” dice in una delle tante minacce. Sono 190 gli episodi raccolti nell’ordinanza che contengono, per l’accusa, reati a vario titolo commessi dalla presunta organizzazione a delinquere, che, come per l’inchiesta Aemilia, prevedeva diversi ruoli con i guadagni ripartiti di conseguenza. In Italia i riferimenti per Romeo sarebbero stati i reggiani Pietro Costanzo e, subito dopo di lui, Franceso Silipo.
Nell’ordinanza si legge che la “sede operativa” era nel Reggiano, in seno alla quale venivano prese tutte le decisioni dopo le istruzioni di Romeo: chi sarebbe andato a prendere il carico in Calabria, chi lo avrebbe distribuito al ritmo di consegne da 2 a oltre 20 kg ciascuna di droga, chi avrebbe predisposto i luoghi in cui stoccare lo stupefacente in attesa della vendita. Sempre secondo le indagini, Costanzo e Silipo in alcuni casi si sono prestati anche a fare le staffette o i corrieri “pur di portare a termine l’attività criminale”, si legge nelle carte.
Ma come gli inquirenti sono arrivati al gruppo reggiano? Tramite l’attività di un undercover, un agente sotto copertura della guardia di finanza che ha iniziato la sua attività a fine 2019 a Trento, riuscendo a farsi reclutare per consegnare grosse somme di denaro che erano l’anticipo o il pagamento di carichi di droga. In quattro mesi Giovanni Generoso, Gennaro Lonetti e Francesco Silipo, tre degli arrestati, gli hanno consegnato 850mila euro.
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