REGGIO EMILIA – Ad oggi si stima siano circa 200 milioni nel mondo le donne e le bambine che hanno subito una mutilazione genitale. In occasione della Giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili, proclamata dalle Nazioni Unite il 6 febbraio 2003, in Sala del Tricolore si è tenuto un convegno per discutere dell’esperienza del Comune su questo tema e per presentare la pubblicazione “Libera dalle mutilazioni genitali femminili” di Faiza Mahri. La presenza a Reggio di comunità provenienti dai Paesi dove questa pratica è diffusa, fa sì infatti che anche sul nostro territorio si lavori nell’ottica di prevenzione e sensibilizzazione. Da una decina d’anni è attivo il Tavolo interistituzionale composto dai rappresentanti del mondo sanitario, legale e culturale.
“Noi lavoriamo con questo Tavolo con il dialogo con le comunità (nigeriane, Burkina Faso, egiziane, che sono i principali luoghi in cui questa pratica avviene) e cerchiamo tutti insieme di lavorare perché non accada più. Anche soltanto per una donna in meno, non accada più”, spiega l’assessora Annalisa Rabitti.
Il rischio è presente anche per le bambine nate e cresciute in Italia: ci sono casi in cui vengano sottoposte a mutilazioni una volta tornate nel paese d’origine, con o talvolta senza il consenso dei genitori. “Cerchiamo sempre di far leva sulla formazione, sulla sensibilizzazione e sulla prevenzione – le parole di Faiza Mahri – Tutti i Paesi dove c’è la pratica hanno adottato delle leggi contro la mutilazione. Abbiamo verificato che non tutte le donne, non tutte le famiglie sono consapevoli di queste leggi. Per questo cerchiamo di far leva sulla sensibilizzazione, l’informazione e la prevenzione”.
Un altro importante passo per contrastare queste pratiche è stata ad esempio la sottoscrizione di un Patto con la comunità nigeriana. Fondamentale è anche il coinvolgimento e la sensibilizzazione dei giovani. All’evento hanno preso parte anche gli studenti dell’indirizzo Biomedico del liceo Ariosto Spallanzani e dell’istituto Pascal.
“Ogni operatore che in qualche modo si trova ad intercettare situazioni di questo genere deve essere in grado di riconoscerle, deve essere in grado di essere formato per non correre il rischio di sottrarre lo sguardo rispetto al tema”, chiosa Elisabetta Negri, direttrice delle attività socio-sanitarie dell’Ausl.
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