TOANO (Reggio Emilia) – Un coppia “priva di scrupoli e ripensamenti, che non merita attenuanti”. Usa parole dure, nelle sue motivazioni, il giudice Andrea Rat nei confronti di Silvia Pedrazzini e Riccardo Guida, figlia e genero di Giuseppe Pedrazzini. Il corpo senza vita del 77enne venne ritrovato sul fondo di un pozzo nel retro dell’abitazione di famiglia a Cerrè Marabino di Toano. Era l’11 maggio 2022, i carabinieri cercavano l’anziano da qualche giorno. Alcuni parenti e conoscenti sostenevano mancasse misteriosamente da casa da un po’ di tempo, anche se moglie, figlia e genero non ne avevano mai denunciato la scomparsa.
Tutti e tre sono stati rinviati a giudizio, ma mentre la vedova Marta Ghilardini ha scelto il dibattimento e comparirà davanti alla Corte d’Assise, Silvia e Riccardo hanno optato per il rito abbreviato. Lo scorso 28 settembre, a fronte di una richiesta di 18 anni e due mesi a testa da parte del pm Piera Cristina Giannusa, sono stati condannati in primo grado ognuno a 12 anni e 4 mesi. Sono stati collocati in due diverse carceri. Ora le motivazioni di quella decisione.
La coppia “ha vissuto in maniera parassitaria alle spalle di Pedrazzini – scrive il giudice e riporta la Gazzetta di Reggio – e non è meritevole di attenuante di sorta per la spregiudicatezza con la quale ha portato avanti il proprio piano”. Giuseppe Pedrazzini non è morto di morte violenta: questo è stato stabilito dal perito incaricato dal tribunale. Il decesso è sopraggiunto per cause naturali, ma figlia e genero sono stati condannati in primo grado per averlo sottoposto a maltrattamenti e per averlo sequestrato nella sua stessa abitazione. Una volta morto, il suo corpo sarebbe stato gettato nel pozzo. Lo scopo, secondo il gip, era quello di approfittare economicamente del suo decesso continuando a percepirne la pensione. “Faremo sicuramente appello – dice l’avvocato dei due, Ernesto D’Andrea – a mio parere le prove del sequestro e dei maltrattamenti sono assolutamente inesistenti“.
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