REGGIO EMILIA – “Non riuscivo ad andare dove dovevo andare, ho fatto un po’ di rumore, è venuto fuori e ha cominciato a urlare e a tirare dei sassi contro al trattore. Ho provato a chiamare Beppe ma non rispondeva”.
Uno screzio avvenuto nel cortile, durante una consegna di concime. La mano che scaglia delle pietre è di Riccardo Guida, condannato assieme alla moglie Silvia Pedrazzini a 12 anni e quattro mesi per la morte di Giuseppe Pedrazzini. Il racconto è di uno dei nipoti di Beppe, trai diversi testimoni chiamati dall’accusa, nel processo a carico della vedova Marta Ghilardini, accusata, tra le altre cose, di maltrattamenti, che sarebbero durati quasi tre mesi, con le aggravanti di aver provocato la morte dell’anziano e di essere stati commessi dinanzi al nipote minorenne. La facoltà di quest’ultimo di poter fornire la propria versione dei fatti verrà stabilita dal perito nominato dalla corte. Il responso si saprà in maggio.
Risale all’11 maggio 2022 il ritrovamento del corpo di Pedrazzini nel pozzo della sua casa di Cerré Marabino. Il suo cuore aveva smesso di battere 71 giorni prima, in marzo.
Nelle testimonianze di amici, parenti e vicini di casa la ricostruzione del periodo tra l’autunno 2021 e i primi mesi dell’anno successivo, quando Giuseppe era del tutto sparito dalla circolazione, forse perché sofferente di qualche acciacco. Ricorrente la figura prepotente del genero. Sullo sfondo questioni economiche, con la coppia, finita in carcere, che come aveva fatto con le attrezzature agricole della vittima, voleva vendere anche una casa, di proprietà però dell’imputata.
Reggio Emilia Toano Giuseppe Pedrazzini Marta Ghilardini Cerrè Marabino morto nel pozzoTrovato morto nel pozzo: condanne confermate per figlia e genero. VIDEO