REGGIO EMILIA – Ivaldo Casali, responsabile Sicurezza di Fratelli d’Italia, ha diffuso nei giorni scorsi un elenco di 30 nomi: 30 reggiani che, dice Casali, sono morti nelle foibe o comunque sono stati uccisi dai partigiani jugoslavi lungo il confine orientale. La notizia è degna di attenzione, sia per il numero elevato di vittime reggiane, sia per l’assoluta novità, tanto che ha avuto risalto sui quotidiani locali.
Da dove ha tratto questi nomi Casali? Li ha tratti dall’elenco dei caduti della Repubblica sociale italiana, cioè il regime fascista creato dai nazisti dopo la liberazione di Mussolini dalla prigione del Gran Sasso. Già questo primo elemento aiuta a inquadrare il contesto: il 6 aprile 1941 l’Italia si unì alla Germania nell’invasione della Jugoslavia. Ma l’8 settembre 1943 il nostro Paese firmò l’armistizio con gli alleati. Ci si potrebbe dunque chiedere: cosa ci facevano trenta reggiani al confine tra Italia e Jugoslavia nella fase finale della Seconda guerra mondiale?
La maggior parte dei soldati italiani cercò di sfuggire ai rastrellamenti tedeschi e di tornare a casa. Non pochi rimasero in Jugoslavia e si unirono ai partigiani nella lotta contro i nazisti. Fu il caso anche di numerosi reggiani, come Valdo Magnani e Dante Bigliardi. Altri ancora rimasero in Jugoslavia, ma per il motivo opposto, cioè per continuare a combattere a fianco dei tedeschi.
E’ il caso dei 30 reggiani dell’elenco. Molti appartenevano alla Guardia nazionale repubblicana, altri alla Brigata Nera, altri erano legionari delle Camicie Nere e altri ancora erano soldati aggregati alla Wehrmacht. Due erano in servizio presso la polizia fascista di Trieste.
Sono morti nelle foibe? Vediamo: 14 sono morti in combattimento tra Istria, Croazia, Serbia, Macedonia e Erzegovina, uno addirittura a Creta (Mario Aldrovandi di Luzzara). Di questi 14, due sono piloti abbattuti in volo (Umberto Cigarini di Carpineti e Remo Lugari di Baiso). Uno (Primo Sassi di Viano) è morto di malattia nell’ottobre del ’43 a Trieste, Carlo Acerbi di Reggiolo, sottotenente della Gnr, fu ucciso in provincia di Udine, mentre Mario Luigi Bertolini di Canossa morì addirittura a Cerredolo dei Coppi, in un agguato dei partigiani, il 27 ottobre del ’44.
Altri cinque reggiani dell’elenco morirono in prigionia, quattro in Slovenia (Amerigo Azzolini di Reggio, Vasto Cassinadri di Casina, Amedeo Ricci di Collagna e Licurgo Teobaldo Olivi di Bagnolo) e uno in Montenegro (Attilio Bonvini di Castelnovo Monti). Infine, sei risultano dispersi, a partire dall’ottobre del ’43. Solo due di loro, Vittorio Cadoppi e Enzo Fornaciari, furono prelevati (il primo a Gorizia e il secondo a Trieste) nei giorni delle violenze jugoslave seguite alla liberazione e occupazione di Trieste. Di due nomi, infine, Alfio Bigi di Reggio e Espedito Galli di Ligonchio, non c’è traccia nei fogli matricolari dell’epoca.
Abbiamo detto che tutti i nomi dell’elenco appartenevano a formazioni della Repubblica sociale italiana. C’è però un’eccezione importante: Licurgo Teobaldo Olivi, un socialista bagnolese che negli anni Venti si trasferì a Gorizia. Membro del Cln, fu arrestato dagli jugoslavi, deportato e fucilato il 31 dicembre del 1945 a Lubiana. Nel 2023 il Comune di Bagnolo gli ha dedicato una via.
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