REGGIO EMILIA – C’è un importante aggiornamento sull’inchiesta aperta quasi quattro anni fa sull’incendio di via Turri che provocò la morte di una coppia di coniugi: la procura, pur non volendolo, ha depositato richiesta di archiviazione. Se dovesse essere accolta, non ci saranno risposte sui fatti di quella sera.
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E’ sufficiente citare l’indirizzo: via Turri 33. E la memoria corre a quanto accaduto quasi quattro anni fa. Fu terribile. Mohamed e Malika Bahik, marito e moglie, morirono soffocati dal fumo sul proprio pianerottolo di casa. 38 inquilini del palazzo rimasero intossicati per l’incendio scoppiato nel palazzo. La procura di Reggio è tuttora convinta che quella intrapresa sia la direzione giusta per arrivare alla verità sui fatti del 9 dicembre 2018, ma allo stesso tempo deve prendere atto delle decisioni finora prese dal gip e dal tribunale del Riesame. E così il sostituto procuratore Maria Rita Pantani ha depositato richiesta di archiviazione. Sarà un nuovo giudice a decidere. Se dovesse accogliere questa istanza, non ci saranno un processo né risposte su quella notte. Un’ipotesi che la famiglia Bahik non può tollerare.
L’indagine era iniziata immediatamente perché quasi subito gli inquirenti – gli accertamenti sono stati fatti dalla polizia – etichettarono come doloso quanto avvenuto. Non frutto di un incidente quindi, ma di una volontà. Anche se non di una volontà di uccidere. A marzo 2019 Pantani iscrisse nel registro degli indagati il 59enne Stefano Oliva con l’ipotesi di reato di omicidio preterintenzionale. Secondo l’accusa Oliva, residente nel condominio a fianco, un passato da factotum al 33, avrebbe appiccato il fuoco in una delle cantine. Aveva un debito importante di spese arretrate da pagare. Lui si è sempre detto innocente.
“Ogni accertamento possibile è stato esperito”, scrive Pantani, facendo riferimento a intercettazioni telefoniche e ambientali e alla relazione della polizia scientifica di Torino che dice che il rogo è stato doloso.
Per la procura, l’uomo ripreso dalle telecamere quella sera nelle cantine era Oliva, che aveva le chiavi, e i bagliori che si intravedono sarebbero lo stesso 59enne che utilizza un accendino per appiccare il fuoco. Ma il gip prima e il Riesame poi non hanno accolto la richiesta di misura cautelare a carico dell’uomo. “Quelli che io ritengo gravi indizi, sono stati ritenuti irrilevanti”, dice Pantani. Da lì la decisione. Le parti offese, i due figli e i parenti della coppia, hanno 30 giorni di tempo per fare opposizione, e la faranno.
“Nonostante il lavoro della dottoressa Pantani, il risultato è questo – commenta l’avvocato Giacomo Fornaciari – Faremo opposizione sia per quanto riguarda il presunto responsabile indicato dalla procura sia eventualmente per l’amministratore di condominio, per la non correttezza delle norme antincendio”.
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