REGGIO EMILIA – Ha toccato il cuore di tanti la morte di Sinisa Mihajlovic, l’ex giocatore e allenatore di calcio scomparso a soli 53 anni a causa della leucemia. Tra coloro che hanno lavorato con lui anche il dottor Danilo Manari, cardiologo e medico dello sport, direttore sanitario del centro Cuore e Salute.
“Dietro una facciata da persona burbera, in realtà si capiva bene, soprattutto nell’ultima fase, che era una persona capace di grandi sentimenti e grandi dolcezze – ha detto Manari – Anche il tipo di famiglia che aveva costruito, i rapporti che aveva con i figli e con la moglie, la grande nostalgia che aveva della sua famiglia d’origine, rimpiangendo di aver perso il papà troppo precocemente, dimostravano che non era una persona arida ma una di gran cuore”.
La grande personalità dell’atleta prima e dell’allenatore poi nei ricordi del dottore che, come medico consulente di società calcistiche, ha lavorato con Mihajlovic per diverso tempo. La prima volta fu alla Fiorentina, nel 2010, quando l’allenatore serbo sostituì Prandelli: “Era la versione più fedele rispetto all’immagine che abbiamo sempre avuto di lui, della persona dura, spigolosa, capace di arrabbiature e anche di grande emozionalità. L’ho ritrovato a Bologna all’inizio del 2019, quando ha sostituito Inzaghi, e lì aveva smussato alcuni angoli che nel 2010 erano ancora quelli di quando era calciatore. Era un allenatore più maturo anche nei rapporti con lo staff e con i calciatori”.
Infine, il Mihajlovic della leucemia, arrivata come un fulmine a ciel sereno proprio subito dopo la fine di quella stagione meravigliosa a Bologna. Una di quelle malattie che ti fanno cambiare la visione delle cose, calare la maschera e mostrarti come si è veramente: “Pur avendo sempre avuto una immagine di uomo forte, non si è vergognato di mostrare quella fragilità che era emersa in relazione alla patologia. Ricordo quando venne a salutare la squadra dopo che fu dimesso dopo il trapianto di midollo. Ci riunì tutti in palestra, poi si sedette su una sedia e ci raccontò tutto il suo calvario. In quella giornata vederlo piangere, ma vederlo anche così attivo e determinato, toccò il cuore a tutti”.
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