REGGIO EMILIA – Non un errore umano, in questo caso del comandante. Non la nebbia. Non furono queste, prese singolarmente o in un mix fatale, le cause del disastro del 10 aprile 1991, il disastro del Moby Prince. Secondo la commissione parlamentare d’inchiesta fu la presenza di una terza nave a causare la catena di eventi che portò all’incidente. Il traghetto trovò improvvisamente questo mezzo sulla propria rotta e “virò a sinistra nel giro di 30 secondi. Una manovra di emergenza – ha ricostruito la commissione – che portò il Moby Prince a collidere con la petroliera Agip Abruzzo”, che pure era in una zona dove non sarebbe dovuta essere e a sua volta era avvolta in una nube di vapore acqueo dovuta alla probabile avaria dei sistemi idraulici. Inoltre, pochi minuti prima era stata colpita da un blackout ed era di fatto invisibile.
Trentuno anni e mezzo fa, alle 22.03, il traghetto in servizio di linea tra Livorno e Olbia mollò gli ormeggi nella rada del porto per la traversata. A bordo c’erano 75 passeggeri e 66 persone dell’equipaggio. Tra le fiamme dell’incendio scaturito dallo scontro con la petroliera morirono 140 persone. Tutte, quindi, tranne il mozzo Alessio Bertrand. Sette i reggiani a bordo che persero la vita. Aldo Mori, di 52 anni, e la moglie Maria Giovanna Formica, di 51, residente a Poviglio; Monica Rizzi, 27 anni, che era col padre Umberto di 45: abitavano a Castelnovo Sotto; le amiche Alessia Caprari e Maria Rosa Simoncini, di Reggio, avevano 19 e 25 anni; Giuliano Salsi ne aveva 40 e risiedeva a Bagnolo.
Queste risultanze non mancano però di lasciare dei vuoti. “Della terza nave non è stato possibile accertare l’identità’ dice il presidente della commissione Andrea Romano, che aggiunge come sia stato “stabilito in maniera inequivocabile” che non ci fu alcuna esplosione a bordo del Moby Prince prima della collisione. Una certezza che chiuderebbe quindi la porta all’ipotesi attentato. Si parla però di un’imbarcazione, “un ex peschereccio battente bandiera somala, la ’21 October II’, che era nel porto di Livorno per delle riparazioni. Su questa nave abbiamo acquisito della documentazione e svolgiamo nella relazione finale delle supposizioni”, ha spiegato Romano. La commissione è giunta a questo risultato analizzando la situazione meteo e la posizione dell’Agip Abruzzo tramite foto satellitari statunitensi desecretate quattro anni fa.
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