REGGIO EMILIA – Dovranno essere presentate entro le 12 di mercoledì 4 giugno in tribunale a Bologna le offerte per Meta System. Il prezzo base è di 12,9 milioni e i potenziali acquirenti sono tenuti a versare una cauzione di 2 milioni. La vendita è fissata per il 5 giugno, sempre a mezzogiorno. Qualunque sia l’esito dell’asta, l’azienda reggiana del futuro sarà diversa da quella che abbiamo conosciuto finora.
Tanto per cominciare, il bando esclude dalla vendita le partecipazioni nelle società controllate in Cina e i contratti e le commesse con Stellantis, Volvo e Porsche. La produzione per Stellantis, che nel 2023 rappresentava il 43% del fatturato di Meta System, è interamente affidata a Meta System Electronics, una controllata cinese che sforna prodotti finiti che poi vende all’azienda reggiana. Lo stesso vale per una buona metà delle commesse di Volvo. Quanto a Porsche, il gruppo tedesco ha rinunciato unilateralmente al contratto con Meta System, versando una penale per la licenza di utilizzo del brevetto.
Di fatto, dunque, questi clienti sono perduti. Gran parte delle aspettative è ormai concentrata su Bmw, per cui Meta System produce in particolare caricabatterie per i nuovi modelli elettrici. Del ramo d’azienda in vendita fanno parte la divisione E-Mobility, che riunisce le tecnologie di propulsione per veicoli elettrici e ibridi, la divisione Safety & Security con i sistemi di protezione antifurto e i sensori per il parcheggio, e la divisione Telematica, che produce sistemi di localizzazione satellitare.
Secondo il piano industriale predisposto l’anno scorso in occasione del tentativo di composizione negoziata della crisi, i vertici di Meta System puntavano solo sullo sviluppo della divisione E-Mobility, mentre le altre due divisioni venivano considerate l’una destinata a costante riduzione e l’altra non più strategica.
In questo quadro, l’attesa offerta del fondo Certina può rilanciare l’azienda, ma difficilmente potrà occupare i 520 dipendenti fissi e i 58 lavoratori interinali di oggi. Prevedibilmente, nascerà un’azienda più piccola e meno diversificata, che d’altra parte potrà ripartire senza il peso dell’esposizione debitoria perchè il ramo d’azienda viene venduto libero da debiti. I circa 160 milioni di debiti, oltre 140 dei quali verso le società partecipate cinesi, finiranno in una bad company.
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