REGGIO EMILIA – “Se questi sono i giudizi, meglio che vi si sottoponga prima un magistrato che un cittadino”. Mandato via da città e regione per sensazioni, sospetti, per “valutazioni di verosimiglianza”, così le ha definite Marco Mescolini, ex procuratore capo di Reggio Emilia e ospite in esclusiva del Graffio all’indomani del voto all’unanimità del Csm di trasferirlo per incompatibilità ambientale.
“Non c’è un fatto, uno”, ha ribadito. E’ questo che brucia di più in assoluto ed è questa, ha detto, la magistratura che non sente sua. Mescolini ha però mostrato un’apparente serenità: “Mi sento molto bene, sono a disposizione dello Stato ma non sono disposto a portare il peso di giudizi pretestuosi”.
I sospetti di cui parla hanno avuto più di una faccia, e al termine di un’estate in cui, ha proseguito, “sono stato nel mirino di una campagna mediatica per fatti di anni prima già esaminati”. C’è stato l’esposto di quattro sostitute con critiche anche all’organizzazione del lavoro. Cos’ha pesato di più nella decisione del Plenum? “Non lo so dire, e questa è la cosa forse più grave. Non capisco come, da questi ingredienti, si sia arrivati a una decisione così grave nelle sue conseguenze, a una sorta di confino”.
L’innesco di tutto, la pubblicazione delle chat con Palamara. Era febbraio 2018, c’era già stata una votazione per nominare Mescolini a Reggio Emilia: “Palamara era il presidente della commissione che decideva la calendarizzazione delle nomine. Io di quello avevo bisogno, di sapere i tempi; avevo vinto per 5 voti a 1, c’era un consenso totale. La frase ‘è importante per tutto’ era riferita al processo Aemilia, che era il mio tutto in quel momento: dovevo sapere i tempi per organizzarmi con il processo”. Il magistrato adesso è in attesa e si è detto “curioso” in questo senso di sapere quale sede il Csm gli proporrà, facendo chiaramente capire che userà tutte le opzioni a disposizione contro la decisione del Plenum. “Forse andrò a fare il giudice fuori regione. Il ricorso? non lo escludo, anzi”.
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