REGGIO EMILIA – Il tempo è sospeso, in tribunale a Reggio. Tecnicamente, il provvedimento di trasferimento del procuratore Marco Mescolini è già esecutivo. Il magistrato sta decidendo come comportarsi. Il suo legale, l’avvocato Franco Gaetano Scoca, dice che Mescolini potrebbe rimanere a Reggio aspettando che la terza sezione del Csm metta a punto una serie di sedi fuori regione tra cui individuare la sua destinazione, ma rimarrebbe senza poter esercitare le funzioni di procuratore. Difficile quindi pensare che Mescolini non opti quantomeno per un periodo di ferie, nell’attesa di decidere se fare o meno ricorso contro la delibera adottata all’unanimità dal Plenum del consiglio superiore della magistratura. C’è tempo 60 giorni per poter ricorrere al Tar del Lazio, e secondo Scoca i presupposti ci sono tutti, ma già entro i prossimi cinque giorni è previsto un primo passo in questo senso. Nel frattempo, per anzianità di servizio, sarà il sostituto procuratore Isabella Chiesi, così come in passato era già successo altre tre volte, a reggere temporaneamente la procura. Tra chi abbiamo interpellato, nessuno ha voluto rilasciare dichiarazioni. Tra i no comment, quello del procuratore generale di Bologna Ignazio De Francisci.
La pubblicazione delle chat con Palamara, l’attenzione mediatica, gli attacchi politici; poi l’esposto di quattro colleghe che hanno mosso critiche all’organizzazione del lavoro e dichiarato di non sentirsi più serene nell’esercitare la propria autonomia visto il clima che si era creato: il Csm ha considerato questi elementi validi per approvare il trasferimento del procuratore capo. La motivazione, “incompatibilità ambientale”, prescinde dalla eventuale colpa del magistrato. In questo caso si è rilevato come si sia creata una condizione per la quale Mescolini non possa più lavorare nell’ufficio reggiano e, appunto, nelle procure dell’Emilia-Romagna in generale.
Nino di Matteo, relatore della commissione, in uno dei passaggi della sua requisitoria si è concentrato sull’inchiesta appalti in Comune, indicando il sindaco di Reggio Luca Vecchi come il “principale indagato” dell’inchiesta, aggiungendo pure “forse adesso imputato”, cosa non vera perché nessuno è, ad ora, imputato, visto che non è ancora stato chiesto alcun rinvio a giudizio. Come spiegato da TgReggio in un servizio di qualche giorno fa, nel giugno 2017, nella relativa informativa, la guardia di finanza aveva formulato ipotesi di reato a carico di una quarantina di persone.
Per la metà circa di queste posizioni, tra cui quella di Vecchi, la Procura era tutta concorde nel chiedere l’archiviazione. Ma mentre i pm Salvi e Stignani pensavano fosse meglio procedere iscrivendo comunque queste persone nel registro degli indagati e contestualmente preparando decreto di archiviazione, Mescolini riteneva che a quel punto, in assenza di elementi, non dovessero essere nemmeno iscritte. Alla fine le magistrate, nel giugno 2019, optarono per l’iscrizione.
“Non ho mai ricevuto nessuna formale comunicazione su questo procedimento – dice Vecchi – Sono molto tranquillo e, come ho sempre dichiarato, ribadisco tutt’oggi la mia piena fiducia nella magistratura”.
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