REGGIO EMILIA – Il primo anno di Marco Mescolini alla guida della Procura di Reggio è intenso. Il 5 novembre 2018 Francesco Amato, condannato nel processo Aemilia ma resosi latitante, tiene in ostaggio per un’intera giornata i dipendenti dell’ufficio postale di Pieve Modolena. Il 9 febbraio 2019 i tre figli di Amato vengono fermati con l’accusa di essere gli autori degli spari contro diversi ristoranti a fine di estorsione. Sempre in febbraio diventa di dominio pubblico un’inchiesta sull’assegnazione di incarichi da parte del Comune di Reggio che coinvolge alcuni dirigenti ed ex dirigenti dell’amministrazione locale. Il 13 giugno circa 70 agenti della Guardia di finanza perquisiscono il municipio alla ricerca di documenti su alcuni appalti, di cui si sospetta l’irregolarità: 15 gli avvisi di garanzia, che raggiungono tra gli altri il vicensindaco Matteo Sassi a l’assessore Mirko Tutino. Due settimane dopo, il 27 giugno, esplode la bomba delle indagini sugli affidi in Val d’Enza: il sindaco di Bibbiano Andrea Carletti finisce ai domiciliari.
Un’attività frenetica, insomma. E’ proprio in questi frangenti, però, che in Procura si verificano attriti sempre più frequenti tra il procuratore capo e alcuni sostituti. Il clima cambia, i rapporti cominciano a logorarsi, le divergenze si acuiscono. Scelte, tempistiche, considerazioni di opportunità, dichiarazioni pubbliche sul significato delle indagini dividono alcuni magistrati da Mescolini.
Su questo scenario si innesta un elemento imprevisto: la pubblicazione, a fine maggio 2020, sul Resto del Carlino, degli scambi di messaggi via WhatsApp tra Mescolini e Luca Palamara. Messaggi che risalgono a due anni prima, nei quali Mescolini, all’epoca in corsa per la guida della Procura di Reggio, chiede lumi Palamara, consigliere del Csm, sugli ostacoli che incontra la sua nomina e gli chiede di darsi da fare per rimuoverli. Le chat con Palamara offrono lo spunto, nell’agosto 2020, per una serie di articoli pubblicati da Il Riformista. Il quotidiano ripesca un’informativa dei Carabinieri del 2010 e la tristemente famosa velina dei Servizi segreti del 2012. Si tratta di documenti di cui hanno già ampiamente riferito i mezzi d’informazione reggiani più di quattro anni prima, all’inizio del 2016, contenenti accuse prive di riscontri a Luca Vecchi, alla moglie, la dirigente comunale Maria Sergio, e all’ex assessore Ugo Ferrari. Queste carte, infarcite di falsi grossolani, diventano lo strumento per minare la credibilità di Mescolini. L’artefice della più importante inchiesta sulla ‘ndrangheta al Nord viene accusato per paradosso di avere insabbiato le indagini sulle cosche. Perché l’avrebbe fatto? E’ quello che vedremo in un prossimo servizio. (2/continua)
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Mescolini e i suoi nemici: l’estate calda del 2020 e l’attacco del centrodestra. VIDEO
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Mescolini e i suoi nemici: i contenuti dell’esposto al Csm e la politica. VIDEO
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