REGGIO EMILIA – “Se esco con ignominia, questa è la fine della mia magistratura. Vi chiedo di risparmiarmi quest’onta che non merito“.
Provato, a tratti sofferente e in difficoltà. Così è apparso Marco Mescolini nel suo intervento davanti al Plenum del Consiglio superiore della magistratura. Ha preso la parola dopo il relatore Nino Di Matteo e dopo l’introduzione fatta dal proprio avvocato, e l’ha tenuta per una mezz’ora circa. Ha chiesto “un’istruttoria serissima”, queste le sue parole. Ha chiesto, come aveva fatto il suo legale, un supplemento di indagine. Non è servito.
Mescolini è tornato su alcuni punti considerati a suo sfavore e che avevano fatto pendere la commissione per la richiesta di trasferimento.
Tra questi, l’insinuazione avanzata da esponenti di centrodestra – uno dei quali, Giovanni Paolo Bernini, in precedenza condannato in primo grado per corruzione – che l’ormai ex procuratore capo di Reggio abbia voluto tenere fuori il centrosinistra dall’inchiesta contro la ‘ndrangheta Aemilia: “Non faccio il dimostratore di tesi: se non c’erano elementi non c’erano elementi. Ma ci sono tutte le Cassazioni, i Riesami, i gip…non ci sono proprio appigli”, ha detto.
Poi l’indagine appalti in comune a Reggio, e in particolare la critica delle sostitute procuratrici sul fatto di aver posticipato a dopo il ballottaggio sulle amministrative del 2019 la perquisizione in municipio: “Quel fascicolo lì era fermo da 16 mesi, sono stato io farlo ritirare fuori“.
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