BAGNOLO (Reggio Emilia) – Fra gli strumenti che diamo per acquisiti e scontati da quando siamo entrati nella pandemia da Coronavirus ce n’è uno che è basilare nella lotta all’infezione: il tampone. Una cinquantina di medici e infermieri nel Reggiano è stata via via formata ad hoc. Ne serviranno sempre di più nelle prossime settimane.
“Ne facciamo un’esagerazione – le parole di Antonio D’Apote, medico in pensione – ma bisogna vedere quanta gente ne avrà bisogno; tra un mese chi lo sa se è Covid o influenza? Lo si sa solo col tampone e uno fatto bene può salvare una vita. La guerra la vinciamo con quello”.
D’Apote, medico di base di Bagnolo in pensione da quattro anni, a inizio emergenza si è dato disponibile a dare una mano ed è diventato uno specialista nel fare i tamponi. I gesti sono semplici ma non banali: “Con uno arrivi al retrofaringe, quello nel naso deve essere perpendicolare al viso”. Il prima e il dopo sono ugualmente importanti: “La prenotazione, la provetta col codice del paziente, il tampone tenuto al freddo perché se la temperatura lo deteriora può risultare un falso negativo…”.
Il 27 gennaio emerse il primo caso Covid in Europa, in Germania. Quel giorno D’Apote, che ha 69 anni, decise che voleva aiutare. “Scrissi alla dottoressa Marchesi, all’epoca direttore sanitario: il 9 marzo mi chiamò: Antonio, sei ancora disponibile? Stanotte apriamo il primo ospedale Covid a Guastalla”. Nei giorni seguenti vide quell’ospedale di riempirsi, un piano dopo l’altro: “Morivano soli, isolati, soffocando… è stata molto dura”.
Il 30 giugno pensava di aver concluso il servizio, invece “due giorni fa mi hanno richiamato: ci sei ancora? abbiamo di nuovo bisogno”.
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