REGGIO EMILIA – “Pediacoop, cooperativa sanitaria, ricerca medici di pronto soccorso per effettuare turni diurni e notturni, feriali e festivi nei presidi ospedalieri pubblici di Piemonte, Lombardia e Liguria. Stipendio: 90 euro all’ora. Necessaria la partita Iva”. Comunicazioni di questo tipo, diffuse su internet sui siti delle agenzie che si occupano del mercato del lavoro, ma anche su pagine di annunci generici, potrebbero presto riguardare anche i pronto soccorso degli ospedali reggiani, visto che l’Ausl – come riferito ieri – ricorrerà a medici privati a chiamata per integrare i servizi di emergenza-urgenza, per far fronte alla carenza di personale.
Medici a gettone che vengono arruolati da agenzie di lavoro interinale oppure da cooperative. Una pratica diffusa già da diversi anni in altre aree del Paese. Il Corriere della Sera, tre anni fa, aveva raccolto la testimonianza di un ginecologo che dopo 10 anni di servizio all’ospedale di Padova aveva deciso di licenziarsi per lavorare a chiamata: “A gettone prendo il doppio – aveva rivelato – 4.300 euro netti al mese contro i 2.500 da dipendente”, più o meno a parità di impegno.
Il sindacato Anaao-Assomed ha posto il caso di due medici di un pronto soccorso piemontese: nel 2019 il primo, dipendente Ausl, ha guadagnato in un anno quasi 35mila euro netti; il secondo, libero professionista a gettone, una cifra di poco inferiore, ma lavorando la metà delle ore complessive. “Mi danno 500 euro lordi per un turno notturno di 12 ore”, aveva raccontato all’Ansa tempo fa una dottoressa in servizio in un pronto soccorso veneto. Proprio in Veneto, in base a un’indagine diffusa a febbraio dal sindacato di categoria Cimo, su 26 pronto soccorso presenti in regione, ben 18 ricorrono ai medici a gettone per coprire i turni.
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