REGGIO EMILIA – Antonietta Centoducati: laurea in lettere con Tesi sulla Storia del Teatro e dello Spettacolo, quindi la scelta di fare del teatro la passione di una vita arriva all’università?
“In realtà l’amore per il teatro è nato molto prima. Da bambina mia madre mi portava al Teatro Valli a vedere le opere liriche. Mi emozionavo, non perdevo una parola, ero rapita da quel mondo così affascinante e “misterioso”. Nelle recite scolastiche mi davano sempre piccole parti, del resto ero una bambina timidissima e silenziosa, ricordo il dolore che provavo per quel tipo di “selezione” così approssimativa. Sentivo che quella era la mia strada e anche da adolescente non avevo altro pensiero: il teatro. Con l’ammissione all’Accademia dei Filodrammatici di Milano ho iniziato i miei studi teatrali in modo approfondito con diversi maestri del teatro classico come Calindri, Albertazzi, Brandauer. La Specializzazione in Storia del Teatro è stata il naturale proseguimento della mia ricerca culturale. Ora che insegno recitazione a bambini, adolescenti e adulti so quanto sia importante e delicato il percorso costruttivo, a volte anche terapeutico, che ogni persona può intraprendere attraverso il teatro”.
Sei docente in ruolo di italiano e storia presso l’Iis Blaise Pascal di Reggio Emilia; far appassionare alla conoscenza ragazzi e ragazze, bambini e bambine richiede la capacità di mettere in campo le passioni. Credi che ti faciliti il fatto di essere una attrice?
“Il lavoro dell’insegnante è fortemente intriso di teatralità, ma anche il lavoro dell’attore deve essere culturalmente approfondito e vario. Insegnare e fare teatro sono per me due facce della stessa medaglia, le drammaturgie che scrivo sono arricchite dai contenuti della letteratura e della storia che insegno e ogni lezione è un piccolo spettacolo in cui poter regalare passione e conoscenza. Per appassionare alla bellezza dell’arte i “Millenials”, così legati al mondo virtuale, non basta far “conoscere” i testi, occorre coinvolgere, affascinare. Recitare una poesia o un brano di prosa modulando la voce e in modo espressivo è sicuramente una strada che aiuta i ragazzi a incamminarsi sul sentiero della bellezza delle parole dei grandi scrittori e dei poeti. Secondo me tutti gli insegnati (soprattutto di lettere) dovrebbero frequentare un corso di lettura espressiva, dizione e uso della voce”.
Da Matilde di Canossa ad Anita Garibaldi, passando per Ifigenia sei stata queste e molte altre donne protagoniste della “storia” o delle “storie”, quanto questo ha inciso sulla tua “passione di genere”?
“La mia “passione di genere” si esprime al meglio attraverso i volti e le storie di donne le cui vite sono permeate di passione e forza; possono essere i personaggi forti e intensi della tragedia greca Clitennestra, Elettra, Antigone, Ifigenia, figure emblematiche che incarnano ideali di giustizia e verità, altre volte sono realmente vissute e io trovo affascinante far conoscere le loro incredibili esistenze attraverso il teatro, come le “mie” Matilde di Canossa, Beatrice Portinari, Elisabetta I, Anna Bolena, Lucrezia Borgia, la scultrice Camille Claudel, la pittrice Artemisia Gentileschi, Anita Garibaldi. Queste donne del passato sono esempi per il rinnovato ruolo della donna di oggi e di domani; indossarne i panni fa rivivere la Memoria e la Storia, rendendola più comprensibile. Certo, dietro c’è un grosso lavoro di studio che inizia con la ricerca storiografica e la successiva scrittura del testo, un lavoro che curo con molto rigore. Amo scrivere i testi dei miei spettacoli o dedicati a personaggi interessanti e ne ricevo riconoscimenti, come è accaduto nel 2021 con il prestigioso premio Concorsi Autori Italiani indetto dalla rivista Sipario, con il testo teatrale “La voce dei colori” dedicato al pittore Henri Matisse”.
Se il tema del femminile è un elemento trasversale che permea tutta la tua esperienza di attrice e regista, dando un’occhiata al tuo curriculum emerge come il teatro sia per te un linguaggio per prendere posizioni su molte questioni sociali: dal bullismo alla mafia, dall’esperienza partigiana, all’inquinamento ambientale. Ti sentiresti di affermare che attraverso il teatro hai realizzato la tua militanza politica?
“Assolutamente sì. Il teatro è la mia forma di militanza politica. I temi civili mi sono particolarmente cari. Ho dedicato diversi spettacoli ad argomenti come la mafia, la Resistenza, la Shoah, la violenza e i soprusi contro le donne, la questione dell’inquinamento ambientale. Attualmente, con il mio Trio Teatro dei Sentieri formato da me, l’attore Gianni Binelli e il pianista Ovidio Bigi, sto portando in giro uno spettacolo dedicato al gioco d’azzardo patologico che si intitola “All’alba vincerò” e uno sulle truffe legate alla liberalizzazione dell’energia e del gas “Energia nella giungla” in collaborazione con Federconsumatori, Spi e Cgil. Temi importanti, storie vere in cui la gente si riconosce. I miei testi partono da interviste, testimonianze, materiale che mi possa permettere di rendere convincente la drammaturgia”.
Sei stata di recente protagonista dello spettacolo “Del mio dolce ardor- vita di Artemisia Gentileschi”. La straordinaria contemporaneità della sua storia, alludo al processo per stupro in cui da vittima si trasformò in imputata, non diversamente da quello che ancora troppe volte accade, da te messa in scena, consente di continuare a far riflettere sui pregiudizi culturali che riguardano l’autodeterminazione delle donne rispetto al proprio corpo, sul tema della tolleranza sociale verso certa sessualità maschile predatoria e infine sulla capacità di rompere gli stereotipi culturali anche in riferimento alla possibilità per le donne di svolgere ogni tipo di attività o lavoro; ricordiamo che Artemisia fu pittrice nota e capace, nonostante lo “scandalo” che travolse la sua esistenza, di intessere rapporti con personaggi estremamente influenti come Galileo Galilei e Cosimo 2° de’ Medici. Lo spettacolo è un manifesto della autodeterminazione e del coraggio delle donne?
“Lo spettacolo è nato per far emergere la grande modernità della vicenda di questa donna coraggiosa. Per scrivere il testo ho letto diversi saggi, gli atti del processo con gli interrogatori e le deposizioni dell’accusa e dell’imputato. La vicenda è intricata, Artemisia è vittima di pregiudizi e guardata con sospetto perché fa “esercizio di pittura”, ingannata dal Tassi, sottoposta a umilianti visite mediche alla presenza dei giudici e infine torturata per accertare la verità. Volevo che attraverso lo spettacolo si percepisse bene la profondità di questa donna che si fa strada in un mondo pensato esclusivamente per gli uomini, subisce un atto di violenza sessuale e affronta un processo, riesce con coraggio e passione a riscattare sé stessa e la sua arte, arrivando addirittura ad essere la prima donna ammessa all’Accademia delle Arti e del Disegno di Firenze e abbatte così i forti pregiudizi culturali di un’epoca intollerante come il 1600. La sua grandezza sta nella sua capacità di trasformare ciò che la tradizione artistica le offre, soprattutto gli archetipi femminili modellati dallo sguardo maschile, in una propria originale visione della vita, dove le donne sono protagoniste, consapevoli di sé e orgogliose di sé stesse, donne coraggiose, di straordinaria forza e bellezza”.
Infine, ti chiedo ti definiresti femminista? E se la risposta è positiva, il tuo schierarti ti ha procurato ostilità o difficoltà?
“Mi viene in mente una bellissima frase della scrittrice Oriana Fallaci: “Essere donna è così affascinante. È un’avventura che richiede coraggio, una sfida che non annoia mai” Ecco, per me il Femminismo è una “sfida coraggiosa” che io porto avanti attraverso il linguaggio del teatro. L’arte è sempre coraggiosa perché nel momento in cui ti esprimi stai mettendo a nudo te stessa e la tua anima. Nel corso della mia vita artistica non ho mai avuto ostilità o difficoltà nell’esprimere il mio “coraggio delle donne”: quando scrivo e interpreto i personaggi so di essere portatrice di un messaggio che potrebbe scuotere le coscienze, emozionare, affascinare, incuriosire. Se interpreto una donna che ha denunciato il suo violentatore sto dando voce a tutte coloro che hanno provato questo terribile sopruso sulla loro pelle; se interpreto una madre a cui hanno ammazzato il figlio perché affiliato alla cosca mafiosa, sto mettendo a nudo un altro aspetto dell’essere donna che diventa denuncia sociale e triste verità. Così, attraverso i diversi personaggi, io esprimo il mio personale modo di essere attivista e schierata. Non mi definisco Femminista, ma donna di idee, cuore, cultura e apertura mentale”.
Natalia Maramotti
Chi è Maria Antonietta Centoducati
Attrice, regista e formatrice teatrale. Nata a Sassuolo (Modena) il 17/02/1969, vive a Reggio Emilia. Si laurea in Lettere, con indirizzo in Storia del Teatro e dello Spettacolo, presso l’Università di Parma ed inizia il lavoro di attrice molto giovane, diplomandosi presso la prestigiosa Accademia dei Filodrammatici di Milano. Arricchisce il suo percorso artistico praticando l’Improvvisazione Teatrale con la Lega Italiana Improvvisazione Teatrale. Il suo repertorio è ricco, spazia dal teatro classico e storico al teatro civile e sociale. È attrice e autrice degli spettacoli che interpreta e da anni studia e interpreta il personaggio di Matilde di Canossa, di cui ha vestito i panni nel 2013 al XXIII° Corteo Storico Matildico di Canossa. Esperta formatrice conduce, con l’attore Gianni Binelli, diversi corsi di Dizione e Recitazione. E’ insegnante di ruolo nell’IIs Bus Pascal di Reggio Emilia.
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