REGGIO EMILIA – Marito e moglie: lei dipendente della questura, lui titolare di un’agenzia di disbrigo pratiche in città. Poi, i due figli della coppia e una quinta persona. Sono gli indagati nell’ambito dell’inchiesta, condotta dalla squadra mobile della stessa questura reggiana, che ha svelato un sistema che permetteva di abbreviare i tempi di prenotazione degli appuntamenti per il rilascio dei passaporti, dietro il pagamento di una somma, almeno cento euro a cliente.
La procura diretta da Calogero Paci ha coordinato l’attività. Dal 2022 a novembre del 2023 sono state accertate 163 convocazioni per un profitto di 16.300 euro, ma gli inquirenti ritengono che il giro d’affari sia più ampio. E’ stato il personale dell’ufficio passaporti ad accorgersi che qualcosa che non andava e a far partire l’indagine che ha portato gli agenti a una collega, impiegata come tecnico della divisione polizia amministrativa. “Da questo punto di vista, non posso che esprimere un profondo rammarico per questa vicenda – le parole del questore Giuseppe Maggese – La reazione dell’ufficio è stata immediata e ai primi sintomi subito si è provveduto ad accertare i fatti e a individuare i responsabili. Credo che si sia trattato di una operazione della massima trasparenza”.
Per i cinque indagati l’ipotesi di reato è turbativa di pubblico servizio. Per marito e moglie, considerati la mente dell’organizzazione, è stata disposta anche l’interdizione dai pubblici uffici per un anno. Secondo le indagini, i due fissavano appuntamenti con nomi fittizi. Quando, attraverso l’agenzia, si presentava l’occasione, i due, a casa e in orario serale, cancellavano il nome falso e inserivano quello vero del cliente. Anche la società è stata posta sotto sequestro.
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