REGGIO EMILIA – Cinque uomini, di nazionalità nigeriana, sono stati condannati in primo grado per associazione a delinquere di stampo mafioso dal tribunale di Bologna, su richiesta della Dda: quattro appartenevano all’associazione denominata “Supreme Eiye Confraternity”, un altro all’associazione contrapposta, la “Supreme Vikings Confraternity”.
Si tratta delle prime condanne, con rito abbreviato, nel processo che vede alla sbarra i membri di due opposti sodalizi criminali che avevano la loro base nell’area delle ex Officine Reggiane. Tra i condannati, a una pena di 6 anni, uno dei capi della prima organizzazione: Miracle Obasuyi, 38 anni, residente a Castelfranco (Mo) e attivo anche a Reggio Emilia. La pena più pesante, 8 anni, al 24enne Endurance Okoh, mentre per gli altri tre le pene sono di 6 anni e 10 mesi e 6 anni e 8 mesi. Rinviate a giudizio altre 10 persone che saranno giudicate dal tribunale di Reggio Emilia.
Nel marzo del 2022 la polizia reggiana aveva eseguito dieci misure cautelari in carcere a carico di altrettante persone, tutte nigeriane, gravemente indiziate di associazione a delinquere di stampo mafioso e, a vario titolo, di altri reati – rissa, lesioni, rapina – aggravati dal metodo mafioso. L’attività di analisi di dati già emersi in altri procedimenti penali da parte degli investigatori della squadra mobile della polizia reggiana aveva infatti consentito di ricostruire la presenza e l’attività a Reggio Emilia della mafia nigeriana sin dal 2015, anno in cui scoppiò una violentissima rissa all’esterno della stazione ferroviaria storica.
Nel 2018, poi, in un’indagine che aveva portato a 24 arresti in flagranza e al sequestro di 110 kg di marijuana e 300 grammi di cocaina, gli inquirenti avevano avuto conferma del forte contrasto in atto, culminato anche con violente aggressioni, tra i due gruppi opposti. Nello stesso anno il terribile stupro di gruppo all’interno dell’area delle ex Reggiane. In uno di questi violenti scontri uno dei condannati era stato sfregiato in modo permanente al volto.
Il commento del questore Giuseppe Ferrari
“Al di là delle responsabilità individuali, che andranno definitivamente accertate nelle sedi opportune, la sentenza ha dimostrato la capacità di saper leggere il contesto emergente dal territorio – le parole del questore – in particolare, la questura aveva rilevato un possibile rischio di infiltrazione e radicamento dell’associazione a delinquere di stampo mafioso, di matrice nigeriana e, di concerto con le autorità si è mossa secondo un duplice binario: nel breve-medio periodo è stata monitorata e poi repressa la criminalità nigeriana operante nelle ex officine Reggiane e, al contempo, si è voluto perseguire un ulteriore obiettivo strategico, che è stato quello di ricostruire, pazientemente, l’organizzazione del gruppo, per documentarne l’operatività e la struttura”.
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