REGGIO EMILIA – Come mosche al miele possono muoversi i branchi di lupi addentrandosi nel perimetro delle aziende agricole. Il fattore scatenante è la presenza di rifiuti che al loro olfatto suonano come un invito a pranzo.
Placente di bovine, oppure vitelli nati morti possono finire nelle concimaie delle stalle dove trovano collocazione, a volte, anche intere carcasse di capi d’allevamento in attesa di essere smaltite. Evitare la presenza di questo tipo di viveri è il primo consiglio che gli esperti del parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano forniscono agli allevatori della nostra provincia, allarmati per gli episodi di predazione che ultimamente si sono verificati, anche in pianura, area, dopo la collina, divenuta colonizzata.
Per quanto riguarda la pubblica incolumità, siamo in assenza di rischi e questo passaggio è stato sottolineato nel recente incontro avvenuto tra il prefetto e le associazioni di categoria. “In questo momento il rischio è ancora zero – ha rimarcato Willy Reggioni, responsabile del Wolf Apennine Center – Zero è il numero di persone che hanno subito attacchi. Il fatto che i lupi si avvicinino alle stalle li può portare a comportamenti audaci e quindi a un minimo di confidenza nei confronti dell’uomo. In aree fortemente antropizzate, come la pianura, questo può rappresentare un piccolo incremento della potenziale pericolosità di questa specie”.
“Propagandistico”, ha spiegato Reggioni, sarebbe invocare il fucile come soluzione. “Occorrerebbe prima cambiare la legge, ma non ci sono movimenti in questa direzione. Il lupo resta una specie protetta, tra l’altro già vittima di bracconaggio”.
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