NOVELLARA (Reggio Emilia) – C’è il filmato della videosorveglianza che mostra Danish Hasnain. E’ il 29 aprile. L’uomo non è solo, ma in compagnia di Nomanulaq Nomanulaq e Ikram Ijaz, i due cugini di Saman Abbas, anche loro indagati per omicidio: il primo è ancora latitante, il secondo è in carcere a Reggio da inizio giugno. Hanno in mano una pala, un sacco scuro e un altro attrezzo. Si avviano tutti e tre verso la campagna sterminata di via Colombo a Novellara, quelle serre di angurie che tutti e tre conoscono così bene per averci vissuto e lavorato per anni.
Non è un fatto eccezionale che dei braccianti agricoli si trovino in campagna con degli attrezzi in mano, e non è nemmeno escluso che i tre uomini, magari sapendo dell’esistenza delle telecamere pubbliche, abbiano voluto depistare le indagini, consapevoli che nei giorni successivi qualcuno li avrebbe cercati; ma gli inquirenti ritengono che quella sera lo zio e i cugini abbiano usato quella pala per preparare il luogo in cui nascondere il corpo della parente. Il delitto sarebbe avvenuto la sera successiva rispetto a quelle immagini.
L’elemento principale, però, in mano alla procura sono le dichiarazioni del teste chiave, il fratello minore di Saman, da mesi in una comunità protetta: il ragazzino, fermato a Imperia mentre si stava allontanando dall’Italia proprio con lo zio che invece era riuscito a fuggire, ha detto che lo stesso Danish quella sera tornando dalla campagna gli aveva confessato di aver ucciso Saman, aggiungendo di avere paura di lui e che tutta la famiglia ne ha. “Ci penso io”, avrebbe detto Danish al fratello e alla cognata. La 18enne era tornata a Novellara da qualche giorno dopo il tempo trascorso in comunità: voleva i suoi documenti, voleva partire. Aveva coperto di vergogna la famiglia denunciando il matrimonio combinato a cui i parenti la volevano costringere. Andava, secondo l’ipotesi accusatoria, eliminata.
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