REGGIO EMILIA – Fumata nera dal Pakistan, come accade da metà novembre a questa parte. E’ abbastanza evidente come ci sia una strategia. Non possiamo ovviamente dire se ci sia la precisa volontà di evitare l’estradizione in Italia di Shabbar Abbas: possiamo però dire che c’è la volontà di allungare a dismisura i tempi.
Lo dicono, finora, i fatti. L’avvocato difensore non si è presentato, per questo la corte di Islamabad ha nuovamente rinviato la questione, questa volta concedendo però meno tempo: si torna in aula già domani alle 10.30 ora italiana. Cosa accadrà non è dato sapere. La corte è chiamata a dare un parere sulla consegna all’Italia del padre di Saman Abbas, tra i cinque accusati del suo sequestro, del suo omicidio e della soppressione del suo cadavere. E anche se quel parere fosse un sì all’estradizione, un parere rimarrebbe visto che non ci sono accordi bilaterali che codifichino nero su bianco i rapporti di questo tipo tra Italia e Pakistan.
L’assenza in Italia di Shabbar non impedisce di processarlo, ma è chiaro che ai fini del procedimento, e quindi sia per inquirenti e procura, sia per gli avvocati degli altri imputati e delle parti civili, la sua presenza sarebbe fondamentale. Secondo le indagini, Shabbar Abbas è stato il mandante dell’omicidio della figlia, che, sempre in base alla tesi dell’accusa, sarebbe stato eseguito dallo zio e dai due cugini della ragazza: ma non è escluso che altre persone possano aver aiutato il gruppo a occultare il corpo della 18enne, rimasto per un anno e mezzo interrato in una buca profonda più di un metro all’interno di un casolare abbandonato, a circa 700 metri di distanza da dove la giovane abitava. Per cercare eventuali complici è stata aperta un’inchiesta bis e stanno proseguendo a Milano i rilievi sul corpo di Saman grazie a due nuovi periti che si sono aggiunti alla squadra di esperti.
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