REGGIO EMILIA – “In Pakistan non cercano le donne: non escono di casa e quando lo fanno indossano il burqa. Il Governo non restituirà mai Nazia”. Ahamad Ejaz, giornalista di origini pakistane da molti anni Italia, che ha seguito la vicenda Saman Abbas dagli inizi fino alla sentenza per diversi organi di informazione internazionali, ne é convinto: la Polizia pakistana non sta cercando la madre di Saman, condannata all’ergastolo come il marito Shabbar.
Nazia Shaheen, 50 anni, è latitante da 31 mesi. L’ultima traccia risale al 1 maggio 2021 all’aeroporto di Malpensa quando lei e il marito vennero immortalati dalle telecamere di sicurezza dello scalo lombardo mentre si imbarcavano su un volo alle 9.40 del mattino che li avrebbe portati a Islamabad.
Una volta giunti nella regione rurale del Punjub la donna si sarebbe rifugiata nell’abitazione della propria famiglia di origine. Una famiglia considerata potente nella zona: il fratello di Nazia è un funzionario di polizia ed è la persona che ha minacciato i parenti di Saquib, il ragazzo che Saman aveva conosciuto in Italia e con cui si era fidanzata.
Nei confronti dei genitori di Saman era stato emesso un mandato di cattura internazionale e l’interpol si era messa sulle loro tracce. La presenza del padre era stata segnalata nel villaggio di origine, Charanwala, dove era stato anche ripreso da un video durante una cerimonia religiosa. Proprio a Charanwala l’uomo era stato arrestato nel novembre 2022. Nessuna notizia e nessun avvisastamento invece della moglie. Gli inquirenti italiani stanno lavorando sotto traccia, a livello diplomatico e di intelligence, ma il contestpo pakistano é molto complicato.
E così la madre di Saman, condannata all’ergastolo per l’omicidio della figlia, continua a restare un fantasma.
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