REGGIO EMILIA – La lunga fase di stallo del processo di riorganizzazione delle Camere di Commercio potrebbe essere vicina alla fine. E l’uscita dalle estenuanti lungaggini di questi anni contiene notevoli insidie per l’ente camerale di Reggio, vittima incolpevole della situazione.
La svolta è determinata da due elementi. Il primo è la sentenza con cui a fine giugno la Corte costituzionale, respingendo i ricorsi di alcune Camere di Commercio, ha stabilito la legittimità costituzionale del progetto di riorganizzazione. Il secondo è un passaggio del decreto legge “Agosto” varato dal Governo. All’articolo 61 si legge, infatti, che tutti i procedimenti di accorpamento degli enti camerali devono concludersi con l’insediamento degli organi della nuova Camera di Commercio entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto. Non solo: gli organi delle Camere di Commercio coinvolte nelle fusioni che siano già scaduti alla data di entrata in vigore del decreto, decadranno entro 30 giorni.
E’ proprio questa la situazione degli enti di Reggio Emilia e Parma, i cui organi sono scaduti e operano in regime di prorogatio. Lo scenario che si prospetta è preoccupante: approvata questa norma, un mese dopo l’entrata in vigore del decreto-legge, consiglio e giunta della Camera di Commercio reggiana decadrebbero e alla guida dell’ente arriverebbe un commissario straordinario nominato dal ministero dello Sviluppo economico. E lo stesso accadrebbe a Parma.
Sarebbe un esito grave e anche paradossale, considerando che fin dal dicembre 2016 i vertici delle Camere di Commercio di Reggio Emilia, Parma e Piacenza avevano raggiunto e sottoscritto un accordo sul progetto di accorpamento, sulla sede, sulla presidenza e sulla composizione degli organi per territorio e per settori economici. Un accordo che poi è rimasto sulla carta per i ripensamenti di Parma.
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