CASALGRANDE (Reggio Emilia) – Con la Chiesa reggiano-guastallese la comunità autodefinitasi “Cittadella della divina misericordia” ha poco a che fare se non fosse che gli adepti si ritrovano a Casalgrande Alto. Pochissimi i fedeli reggiani che ne fanno parte. Chi si è ritrovato nella frazione del paese ceramico negli ultimi mesi per celebrare messe secondo il rito pre-conciliare, chiede al Vescovo di Reggio di togliere agli ortodossi le chiese date loro in uso, di prendere una posizione di condanna radicale contro gli omosessuali e di fare in modo che i preti vestano la talare e non altri abiti.
Mons Morandi in una nota ha parlato di univoco orientamento scismatico da parte della Cittadella della Divina Misericordia che a questo punto non ha nulla a che fare con la Chiesa cattolica romana.
I Sacerdoti e i laici che operano a Casalgrande alto si rifanno al pensiero di monsignor Marcel Lefebvre, un vescovo francese morto nel 1991 che rifiutò di riconoscere i documenti del concilio Vaticano secondo e fondò la Chiesa tradizionalista. Messe in latino, famiglia patriarcale con compiti ben divisi tra uomini e donne, catechismo di Pio decimo sono assi portanti del pensiero lefebvriano. Un cristianesimo ben lontano da quello conosciuto negli anni dalla Chiesa reggiano-guastallese attraverso le figure di chi ha voluto vivere il Vangelo nel mondo facendosi prossimo delle tragedie delle persone: proprio dal Concilio nacquero infatti le esperienze delle comunità di don Braglia, don Artoni, don Altana e continuate nel tempo da don Daniele Simonazzi, don Giuseppe Dossetti e altri.
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