REGGIO EMILIA – Botta e risposta al vetriolo tra il Sindacato Pensionati Spi Cgil e l’Ausl locale. A dare fuoco alle polveri una nota diffusa dal sindacato nella quale si mettevano sotto accusa le lunghe liste d’attesa ma soprattutto le agende bloccate che spesso impediscono al paziente di accedere alla prenotazione di visite ed esami lasciandolo nell’incertezza dei tempi con i quali verranno erogate le prestazioni. Una situazione che, sempre secondo il sindacato, configurerebbe l’interruzione di pubblico servizio perseguito dalla legge.
Un’accusa alla quale l’Azienda sanitaria risponde snocciolando i numeri del servizio sanitario comunque garantito a tutti aggiungendo anche che le agende non sono chiuse precisando inoltre che “il servizio sanitario nel suo complesso non è in grado di rispondere alla paura e non alla malattia, con visite ed esami”.
Il dettaglio della corposa precisazione in un lungo comunicato dove si legge “L’Ausl di Reggio Emilia è responsabile dell’assistenza a tutti i cittadini residenti e domiciliati in provincia in tantissimi ambiti tra i quali, oltre all’assistenza ospedaliera per acuti e lungodegenti e all’assistenza territoriale, c’è una gamma di attività che va dalla prevenzione alle visite necroscopiche sui deceduti, passando per l’assistenza acuta territoriale alla cronicità in differenti settori.
Per fare tutto questo l’azienda- si spiega ancora- si avvale soprattutto di personale sanitario, nonché di tecnologia, ma anche di luoghi e percorsi. Per citare qualche dato relativo al volume di assistenza erogata in 1 anno a circa 528.000 cittadini: oltre 21.000 ricoveri ospedalieri, circa 159.000 accessi nei pronto soccorso provinciali, oltre 3000 parti, oltre 570.000 visite ambulatoriali, oltre 540.000 prestazioni diagnostiche ambulatoriali, oltre 5,8 milioni di esami di laboratorio, quasi 130.000 prestazioni di riabilitazione e oltre 250.000 prestazioni terapeutiche (radioterapia, attività chirurgica ambulatoriale, sedute dialitiche, ecc.).
A tutto ciò va aggiunta l’attività svolta da psichiatria, in ricovero, in residenza e negli ambulatori, per minori e adulti; medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, la continuità assistenzialee la sanità pubblica
A fronte di una tale mole di prestazioni sanitarie, rimarca l’Ausl, l’affermazione comparsa sulla stampa che l’azienda eserciti un’interruzione di pubblico servizio non corrisponde al vero perché i cittadini hanno sempre la possibilità di ricevere una prestazione sanitaria”.
L’Azienda sanitaria ricorda poi la difficoltà nella quale versa la sanità pubblica che deve farei i conti con una coperta molto corta da diversi punti di vista.
“L’attuale situazione socio-economica, che riguarda certamente non solo la provincia di Reggio Emilia ma l’intero territorio nazionale è caratterizzata da un’importante, unica nella storia, carenza di personale sanitario, medico, infermieristico, tecnico, farmacisti, psicologici, ecc. È evidente che l’esecuzione di prestazioni sanitarie e visite mediche, come anche di prestazioni diagnostiche strumentali (ecografie, radiografie, TAC, RMN, endoscopie, ecc), richiede la presenza degli operatori. L’offerta di prestazioni sanitarie è dipendente, dunque, dal numero di professionisti in servizio e deve essere adeguatamente bilanciata tra prestazioni di prevenzione, visite ambulatoriali, assistenza in ricovero (nelle 24 ore, compresa la presenza notturna) e in Pronto soccorso.
Il personale sanitario dipendente e convenzionato che opera nell’ambito dell’azienda sanitaria al servizio della cittadinanza, oltre a lavorare il numero di ore previsto dal contratto di lavoro (38 ore/settimana i medici, 36 ore/settimana il personale infermieristico e tecnico), è pressoché sempre disponibile a lavorare un numero di ore maggiore, tanto che nell’ultimo anno sono state fatte 594.240 ore di straordinario e 52.245 ore di prestazioni aggiuntive, per un totale di 646.486 ore lavorate in più. Si tratta di maggiore disponibilità dei lavoratori della sanità, oltre al dovuto contrattuale, per cercare di offrire alla popolazione una maggiore risposta in questo momento di grave carenza di personale.
E in tutte queste ore di lavoro, contrattuali ed extra, il massimo di prestazioni e, quindi, di richieste che possono essere soddisfatte consiste nel volume di attività sopra elencato. L’Azienda adotta da sempre tutte le possibili modalità lecitamente previste per reclutare personale: concorsi a tempo indeterminato, bandi a tempo determinato, contratti libero professionali, bandi per specialistica ambulatoriale (rapporto di lavoro convenzionato), ecc. Ma la carenza di personale sanitario non consente non solo di incrementare la dotazione organica ma, addirittura, purtroppo, di confermare le dotazioni storiche. Nell’ambito dell’esercizio delle proprie competenze, l’Azienda può contrattualizzare prestazioni con delle strutture private accreditate, tant’è che i cittadini che prenotano visite o accertamenti diagnostici possono trovare disponibilità, oltre che presso nelle strutture pubbliche aziendali, anche nelle strutture private accreditate provinciali ed extra-provinciali.
Anche questa è una delle ulteriori modalità messe in tatto per aumentare l’offerta di prestazioni a disposizione dei cittadini. Ma anche le strutture private accreditate soffrono le medesime difficoltà dell’Azienda sanitaria nel trovare professionisti e garantire il volume di prestazioni che l’azienda richiede.
La possibilità di soddisfare la richiesta dipende, oltre che dai posti messi a disposizione, anche dal volume delle richieste. Nei primi cinque mesi di quest’anno sono state emesse 803.000 richieste di prestazioni sono state emesse, vale a dire quasi 81.000 in più rispetto agli stessi mesi dell’anno scorso. Crediamo che lo sbilanciamento tra la crescita della domanda e l’andamento dell’offerta potenziale sia evidente, con trend inconciliabili.
Preme precisare, inoltre, che l’incremento della domanda non è motivato da un peggioramento delle condizioni di salute dei cittadini ma, come emerge dai dati di letteratura, da una sensazione soggettiva di maggiore paura. Questo è documentato anche dalla bassa numerosità di patologie che sono rilevate attraverso esami e visite. È comprensibile che le persone necessitino di rassicurazione sullo stato di salute dopo anni di grande pericolo per il COVID ma il servizio sanitario nel suo complesso non è in grado di rispondere alla paura (e non alla malattia) con visite ed esami”.
Relativamente al cosiddetto fenomeno delle “liste chiuse”, si riportano i dati di prenotazioni effettuate mese per mese, dai cittadini che dimostrano chiaramente che: le agende di prenotazione non sono chiuse ma in gran parte piene e, quindi, già prenotate dai cittadini. Alcune agende sono aperte per tempi lunghi, altre, per la natura delle prestazioni, della tipologia di priorità, della disponibilità di personale, hanno orizzonte temporale inferiore.
Alla data del 31 maggio 2023 i cittadini che sono riusciti a prenotare una prestazione diagnostica o una visita sono 542.093.
Queste prenotazioni sono distribuite nel corso dell’anno. Alcuni cittadini hanno già prenotato anche per molti mesi avanti, in conformità con la cadenza corretta di effettuazione del controllo come consigliato e prescritto (es: ci sono già circa 4000 prenotazioni per dicembre, oltre 6500 per novembre, oltre 10.000 per ottobre, e così via).
L’Azienda conferma, in ogni caso, il proprio impegno incessante nonostante le difficoltà nell’esaudire le richieste e la conclamata carenza di personale medico e cerca costantemente di adottare modalità organizzative e gestionali che possano:
– garantire il 1° accesso alle prestazioni con una tempistica il più possibile congrua al livello di priorità prescritto nella richiesta;
– ridurre i disagi dei cittadini per recarsi a punti di prenotazione per i controlli;
– ordinare le richieste per priorità di gravità clinica;
– ridurre la moltiplicazione degli accertamenti i sedi diverse;
– costruire percorsi di presa in carico per patologia per riuscire a fare i vari accertamenti necessari per la malattia sofferta nei tempi giusti”.
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