REGGIO EMILIA – Si chiama “ripositivizzazione al tampone”. Non si tratta di nuovi malati Covid, e nemmeno di persone in cui il Coronavirus si ripresenta, ma di soggetti rimasti contagiati e poi guariti, ma nei quali rimangono tracce morte del virus anche a distanza di due mesi.
Di nuovo ricoverati in ospedale per patologie del tutto diverse e sottoposti a tampone come prassi prevede per chiunque adesso acceda alle strutture sanitarie, risultano ancora positivi per via dei tamponi che sono diventati sempre più sensibili nel corso dei mesi e vengono quindi, ma solo in via precauzionale, ricoverati nei posti letto Covid.
Si pensa infatti che non siano contagiosi, “ma in questa fase meglio non rischiare” dice Marco Massari, direttore degli Infettivi del Santa Maria Nuova. Da due-tre settimane a questa parte rappresentano la stragrande maggioranza dei casi classificati come positivi che si registrano nel Reggiano. E’ la conferma di un andamento estremamente confortante: “Adesso i pazienti vengono individuati immediatamente, non credo torneremo più alla situazione dei mesi scorsi nelle terapie intensive”, ha spiegato Massari.
Per svariati mesi ancora i dispositivi di sicurezza per gli operatori sanitari, da quello che indossano ai percorsi dedicati, rimarranno sicuramente in vigore poiché “ospedali e Rsa sono stati focolai dell’infezione”. Massari dà comunque per scontata una piccola nuova impennata del Covid in autunno, complici due fattori principalmente: il freddo e l’arrivo dell’influenza stagionale, un tipo di infezione che potenzia i recettori Ace considerate le porte d’accesso del Coronavirus.
In pratica, prendersi l’influenza aumenta la possibilità di rimanere contagiati, da qui l’assoluta necessità che i medici vanno ripetendo di vaccinarsi contro l’infezione invernale. “Questo virus è subdolo – ha aggiunto Massari – Do per scontata una recrudescenza”. Sta facendo molto discutere l’affermazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità secondo cui si può interrompere l’isolamento dei malati dopo tre giorni di malattia. Massari ci va molto prudente: “Si è visto, in effetti, che il potere di contagio diminuisce, ma dobbiamo pensare anche alle persone fragili, quelle immunodepresse o con altre patologie”.
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